Secondo un recente studio di McKinsey, quasi il 70 % dei consumatori è portato ad orientarsi, nelle scelte di acquisto, sui prodotti ecofriendly rispetto a quelli tradizionali, anche pagando un prezzo maggiore.

Ecco allora che le dichiarazioni green non veritiere di aziende spregiudicate o, semplicemente, poco informate, danneggiano non solo i concorrenti più rigorosi ma anche i consumatori che vengono ingannati.

Il 26 novembre scorso, è stata emessa, a Gorizia, la prima ordinanza cautelare di un Tribunale italiano in materia di greeenwashing che ha accolto il ricorso di Alcantara S.p.A., dichiarando ingannevoli i messaggi pubblicitari diffusi dalla concorrente Miko S.r.l. incentrati sui benefici ambientali di alcuni prodotti.

Dopo i provvedimenti del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, finalmente anche la Magistratura si è espressa su un tema caldissimo, ordinando a MiKo S.r.l.: i) di astenersi dalla diffusione, diretta e indiretta, dei messaggi pubblicitari contestati, veicolati su ogni canale di comunicazione, on line e offline, poiché integranti un’ipotesi di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 2598, III comma, del codice civile; ii) di comunicare ai propri clienti l’esito del procedimento, segnalando loro i claim illeciti e invitandoli a non usarli più nella comunicazione pubblicitaria; iii) di pubblicare l’ordinanza sul suo sito per sessanta giorni e, per due volte, su una serie di quotidiani e riviste, prevendendo penali per ogni violazione.

La decisione del Tribunale di Gorizia è stata motivata proprio sulla base del fatto che “la sensibilità verso i problemi ambientali è, oggi, molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto del consumatore”, per cui le dichiarazioni ambientali green devono esserechiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici”.

Nel caso specifico, alcuni green claim, “amica dell’ambiente” e “scelta naturale”, oltre a non soddisfare i requisiti richiamati, sono stati definiti dal Tribunale “molto generici e tali da creare nel consumatore un’immagine green dell’azienda senza dar conto effettivamente di quali siano le politiche aziendali che consentono un maggior rispetto dell’ambiente e riducano fattivamente l’impatto che la produzione e commercializzazione di un tessuto di derivazione petrolifera possano determinare in senso positivo sull’ambiente e sul suo rispetto”.

La sentenza è particolarmente innovativa perché applica, per la prima volta in quest’ambito, la normativa nazionale sulla concorrenza sleale che va così, ad affiancarsi alle specifiche normative e prassi già adottate in materia di green claim che spaziano dalla Direttiva comunitaria 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, al Codice del Consumo, agli Orientamenti CE del 25 maggio 2016 per l’attuazione della direttiva richiamata, al Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, alla Direttiva New Deal e alla Comunicazione CE del 13 novembre 2020.

Possiamo poi rilevare che il Tribunale ha fatto propri anche i principi elaborati dalla normativa Comunitaria per la redazione delle asserzioni ambientali, disciplinate dalla UNI EN ISO 14021:2016 secondo cui le asserzioni possono essere effettuate attraverso dichiarazioni che devono essere accurate, pertinenti, verificabili, specifiche e non fuorvianti o attraverso simboli che devono essere semplici e distinguibili da altri simboli e non fraintendibili come simbolo ambientale. Qualora invece l’asserzione possa causare incomprensione dovrà essere accompagnata da una dichiarazione esplicativa.

La pluralità e la complessità delle norme coinvolte richiede una profonda attenzione e consapevolezza da parte delle imprese nella propria comunicazione green e nella redazione delle asserzioni ambientali poiché le espone oggi, oltre a pesanti sanzioni pecuniarie, anche a pronunce, quali quelle del Tribunale di Gorizia, che possono impattare pesantemente sull’immagine aziendale di fronte ai propri stakeholder.

Di contro, alle imprese che applicano i principi di correttezza professionale viene offerto un “nuovo” strumento per tutelarsi dai concorrenti sleali.