Decreto dignità – contratti a termine
Il 13 luglio 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto-Legge 12 luglio 2018, n. 87 recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” che, tra l’altro, apporta poche ma significative modifiche alla tipologia del contratto a tempo determinato così come disciplinata dal D.Lgs. 81/2015.
Lo strumento legislativo utilizzato è stato il decreto legge e pertanto la data di entrata in vigore è il giorno successivo a quello di pubblicazione, e, quindi, il 14 luglio 2018.
Il decreto-legge prevede che:
1. il contratto di lavoro a tempo determinato resta “acausale”:
- nel caso di primo contratto con il lavoratore e sempre che la sua durata sia pari o inferiore a 12 mesi;
- nel caso di proroghe (che non possono eccedere le 4, rispetto alle 5 precedenti) allorquando il periodo contrattualizzato complessivo (contratto + proroghe) non ecceda i 12 mesi;
2. è ammessa, nei limiti massimi di 24 mesi (precedentemente il limite era 36 mesi):
- la stipula di un contratto a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi;
- il rinnovo contrattuale a favore di un dipendente già assunto a tempo determinato;
- la proroga di un contratto che determini una durata complessiva dei periodi lavorati (contratto originario + proroga) superiore a 12 mesi
se e solo se siano presenti alternativamente almeno una delle seguenti esigenze:
- temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività ovvero per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
- connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
3. il mancato rispetto di tutte le condizioni indicate nei due precedenti punti comporta la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato nonché la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, nella misura compresa tra due mensilità e mezza e dodici mensilità, con un aumento del termine per l’impugnazione del contratto, portato a centottanta giorni.
Per quanto riguarda l’applicazione, la nuova disciplina vale per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, quindi dal 14 luglio 2018 (prudenzialmente): certamente vi possono essere contratti stipulati prima, ma aventi effetto dopo tale data, ed, in tal caso, si porrà il problema della data certa; nonché per i rinnovi e le proroghe dei contratti in corso alla data del 14 luglio 2018.
Restano fermi: l’obbligo della forma scritta, a pena di “inefficacia”, anche per quanto riguarda la specificazione delle esigenze, fatta eccezione per i rapporti di lavoro che non hanno una durata superiore a dodici giorni; la possibilità di inserire il periodo di prova, con la durata prevista dal CCNL applicato; la non necessarietà della sussistenza delle esigenze per il rinnovo o la proroga dei contratti per attività stagionali.
Quindi occorrerà:
- non disporre proroghe o rinnovi contrattuali allorquando la somma dei periodi già contrattualizzati e da contrattualizzare al lavoratore sia pari o superiore a 24 mesi;
- all’interno del limite non superabile di 24 mesi complessivamente contrattualizzati, procedere con proroghe o rinnovi contrattuali solo nel caso in cui le stesse siano motivate dalle esigenze sopra indicate, che dovranno essere precisate nella lettera di proroga o nel nuovo contratto fatto salvo quanto indicato al punto che segue;
- in caso di proroga dello stesso rapporto, precisare le esigenze sopraindicate se il periodo già contrattualizzato e quello da contrattualizzare eccede i 12 mesi;
- in caso di rinnovo contrattuale, precisare sempre le esigenze sopraindicate anche se il periodo già contrattualizzato e quello da contrattualizzare non eccede i 12 mesi.
Per quanto riguarda le esigenze si tratterà di applicazioni concrete, da valutare di volta in volta, in quanto l’onere probatorio circa la loro sussistenza è a carico del datore di lavoro; va precisato che nel caso di sostituzione di lavoratore assente dal lavoro e con diritto alla conservazione del posto, occorre procedere unicamente con contratto sostitutivo nei limiti dei 24 mesi: l’orario di lavoro del lavoratore sostituto non può essere superiore a quello del lavoratore sostituito.
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