In materia di accordi in sede successoria è di estrema importanza prestare la massima attenzione ai termini della definizione.

L’articolo 764, co. 1, c.c., dispone che l‘azione di rescissione è anche ammessa contro ogni altro atto che abbia per effetto di far cessare tra i coeredi la comunione dei beni ereditari, mentre il co. 2 stabilisce che, l’azione non è ammessa contro la transazione con la quale si è posto fine alle questioni insorte a causa della divisione o dell’atto fatto in luogo della medesima, ancorché non fosse al riguardo incominciata alcuna lite.

La prevalente giurisprudenza, con riferimento a tale ultima disposizione, distingue tra divisione transattiva e transazione divisoria.

La divisione transattiva è un negozio giuridico di carattere divisorio, ove il comune intento delle parti è quello di risolvere la controversia divisionale tramite lo scioglimento della comunione e l’attribuzione proporzionale delle quote, ossia di superare amichevolmente questioni afferenti le operazioni divisionali.

La transazione divisoria, invece, ha tutte le caratteristiche di una vera e propria transazione diretta a comporre una lite, concernente l’esistenza o l’entità del diritto di chi pretende di partecipare al riparto dell’eredità, accordandosi sull’attribuzione delle porzioni senza procedere al calcolo delle misure corrispondenti alle quote.

DIVISIONE TRANSATTIVA E TRANSAZIONE DIVISORIA

Analizzando le differenze tra le due figure vediamo che:

  • il primario elemento di distinzione non è individuabile nella natura transattiva del negozio, comune ad entrambe, ma dall’esistenza di proporzionalità – sussistente nel solo caso di divisione transattiva   – tra le attribuzioni patrimoniali e le quote di ciascun partecipante alla comunione (tra le molte: Cass. civ., 18 settembre 2009, n. 20256). Si applica il principio della corrispondenza tra la quota di fatto e la quota ideale solo se si è in presenza di una divisione transattiva: al contrario, tutte le volte in cui si pone fine allo stato di divisione prescindendo dal principio della corrispondenza tra quota ideale  e quota di fatto, si ha una transazione divisoria;
  • in secondo luogo, la divisione transattiva è l’intesa raggiunta tra i condividenti connotata dallo scopo di prevenire l’insorgenza di una lite, mentre la transazione divisoria è tale proprio perché cronologicamente successiva rispetto al perfezionamento di un negozio divisionale, ed è volta a sanare questioni e controversie insorte tra i coeredi;
  • in ultimo, l’azione di rescissione è esercitabile solo nel caso di divisione transattiva e non in quello di transazione divisoria.

La non agevole individuazione della linea di discrimen tra le fattispecie ha una conseguenza di non poco conto: solo alla transazione divisoria, dunque, si applica il secondo comma dell’art. 764 c.c., non potendosi ammettere l’azione di rescissione in relazione a un negozio che ha il precipuo fine di stabilizzare, in vista del superamento della lite tra le parti, l’accordo transattivo (Corte d’Appello Catania, 25 febbraio 2015,n. 359).

Fondamentale quindi è chiarire la portata di ogni accordo in materia, in considerazione del fine che ci si pone.

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