La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10048/2018, si è pronunciata sul tema dei vizi costruttivi che si manifestano negli immobili successivamente alla loro costruzione.

Tali vizi, secondo l’art. 1669 c.c., devono essere denunciati entro un anno dalla loro scoperta e la responsabilità può essere fatta valere nei confronti dell’appaltatore e del venditore-costruttore, che abbia partecipato alla costruzione dell’immobile mantenendo autonomia decisionale e supervisionando l’attività degli altri soggetti incaricati dell’opera.

Nel 2008, il Tribunale di Milano aveva accolto la richiesta di risarcimento dei danni proposta dal condominio nei confronti del venditore, dell’appaltatore, del direttore dei lavori e del progettista per difetti e vizi dell’immobile.

Successivamente, nel 2012, la Corte d’Appello di Milano, seguendo la giurisprudenza maggioritaria, aveva ritenuto, invece, che le diffuse cavillature superficiali dell’edificio non potevano essere considerate gravi difetti costruttivi.

La Suprema Corte, chiamata a decidere, è tornata così ad affrontare l’argomento dei vizi costruttivi che incidono sulla conservazione e funzionalità di un immobile.

Il condominio, infatti, sosteneva che anche le fessurazioni delle facciate fossero gravi vizi e che fossero una delle cause dei rigonfiamenti degli intonaci e delle infiltrazioni.

La Cassazione – richiamando la recente sentenza delle Sezioni Unite (n. 7756/2017) in merito ai gravi vizi e difetti dell’opera, che possono essere anche quelli afferenti a parti secondarie e accessorie (come le impermeabilizzazioni o i rivestimenti), purchè compromettano la funzionalità globale e l’utilizzazione dell’immobile – ha ritenuto accoglibile il motivo di impugnazione, e, pertanto, errata la decisione della Corte d’Appello di Milano che, basandosi su una giurisprudenza ormai superata, aveva reputato che le cavillature incidessero solo sul decoro e sull’aspetto estetico dell’edificio e, quindi, non fossero gravi difetti.

Al contrario, la Cassazione ha ritenuto, invece, che le diffuse cavillature sulle facciate dell’immobile sono da considerarsi gravi vizi ai sensi dell’art. 1669 c.c.

Con ciò, chiarendo che, proprio sulla scorta di tale precedente giurisprudenziale, i vizi che riguardano i rivestimenti, compreso l’intonaco, ritenuti parti secondarie e accessorie dell’edificio, sebbene siano eliminabili con opere di manutenzione anche solo ordinaria e non danneggino altri elementi strutturali, devono essere considerati in grado di compromettere la funzionalità e la normale utilizzazione dell’immobile e, pertanto, sono da ritenersi gravi.

Ciò, anche alla luce della sempre maggiore importanza che il decoro architettonico degli edifici riveste ai fini del loro godimento e della loro commerciabilità.

Data l’attualità e l’importanza dell’argomento, si attendono, quindi, ulteriori sviluppi del tema.

 

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