La cultura come diritto e dovere dell’uomo
Mercoledì 17 ottobre 2018 si è tenuto, nella ricorrenza del settantesimo anniversario della Costituzione italiana e del sessantesimo anniversario dello Studio Legale Caroleo, un convegno promosso e organizzato da A&A Studio Legale, in collaborazione con l’Associazione Civita, dal titolo: “Cultura come diritto di cittadinanza: radici costituzionali, politiche e servizi”.
Presso la prestigiosa Sala Gianfranco Imperatori della sede di Civita a Roma, dopo i saluti introduttivi del dott. Nicola Maccanico, Segretario Generale di Civita, e da Gianluca Albè, Managing Partner di A&A Studio Legale, ha preso vita un dibattito estremamente interessante sullo stato e sulla sorte dei servizi culturali nel nostro Paese.
A introdurre la discussione, moderata dall’Avv. Francesco Caroleo, è stato il Giudice Emerito della Corte Costituzionale Prof. Sabino Cassese, il quale ha ricostruito, con una visione di grande acume e originalità, le principali trasformazioni che gli istituti della cultura stanno vivendo nel nostro tempo.
In primo luogo, secondo Cassese, si sta verificando un processo di universalizzazione della cultura, ossia il passaggio da una concezione nazionalistica a una concezione globale della stessa. Se infatti, per una lunga tradizione risalente almeno al Romanticismo, la cultura è stata vista come il prodotto di una determinata nazione, e anzi come uno degli elementi caratterizzanti la stessa identità nazionale (si pensi al pensiero del filosofo francese E. Renan), oggi si fa strada una concezione diversa, propensa a osservare la cultura come fenomeno globale, e volta a sostenere la fruibilità universale della stessa: tutti, a prescindere dal possesso della cittadinanza, hanno il diritto di godere dei beni culturali, l’accesso ai quali diventa così un diritto fondamentale dell’uomo.
In secondo luogo, si sta passando da una visione frammentaria a una visione unitaria della cultura: si afferma cioè l’esigenza di valorizzare il bene culturale non in quanto oggetto a sé stante, ma in quanto elemento di un più ampio contesto storico e geografico. Da qui la tendenza a riportare le singole opere d’arte nei rispettivi luoghi di origine.
In terzo luogo, cresce l’attenzione verso la conservazione dell’opera d’arte nel tempo: se in passato i beni culturali erano indiscriminatamente offerti alla fruizione da parte degli utenti, oggi vengono imposti sempre più rigorosi limiti all’accesso del pubblico all’opera d’arte, al fine di preservarla il più possibile dall’usura e dalla distruzione. Cassese ha parlato, in proposito, di una tendenza a garantire l’eternità della cultura.
In quarto luogo, la cultura sta transitando da una dimensione di “reità” a una dimensione di “servizio”: ciò che conta oggi, infatti, non è tanto il bene culturale come cosa in sé, ma il servizio che, attraverso quella cosa, può essere offerto alle persone. L’opera d’arte, in questa prospettiva, non ha valore se rimane chiusa in una cassaforte, ma lo acquista nel momento in cui diventa fruibile agli utenti.
Infine, secondo Cassese, stiamo passando da una fase di separatezza a una fase di interconnessione della cultura: i servizi culturali, infatti, non costituiscono più una realtà marginale e a sé stante, ma sono ormai un capitolo sempre più consistente dello sviluppo economico di un Paese. In questo senso già Maccanico, nel suo intervento introduttivo, aveva osservato come la cultura stesse diventando un irrinunciabile fattore di “ricchezza”, da intendersi come creazione di posti di lavoro.
Ha preso in seguito la parola Gian Paolo Manzella, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio, il quale, dopo aver ricordato che, secondo lo Statuto regionale, è compito fondamentale della Regione promuovere la cultura e valorizzare il patrimonio storico e artistico, ha diffusamente descritto gli interventi più significativi posti in essere dall’amministrazione regionale con lo scopo di garantire l’accesso di tutti alla cultura e la diffusione dei relativi servizi sull’intero territorio.
Illuminante è stato l’intervento di Antonella Agnoli, Assessore alla Cultura di Lecce, che ha sostenuto la necessità di un cambio radicale di mentalità circa la progettazione e la concezione dei luoghi della cultura; in particolare, anche attraverso numerosi esempi tratti dalle principali esperienze europee, la relatrice ha sostenuto che le biblioteche civiche non possono più essere viste solo come luoghi di conservazione e di studio, ma vanno ripensate come centri di aggregazione, perfino di gioco, aperti a tutti, e volti a permettere e favorire le relazioni umane e le occasioni di confronto.
Sulla stessa linea di Cassese, Antonio Lampis, Direttore Generale dei Musei del Mibac, ha ribadito che l’accesso ai servizi culturali deve essere considerato un diritto fondamentale dell’uomo e uno dei principali fattori di benessere della collettività. Inoltre, dopo aver tratteggiato un positivo quadro di salute dei musei italiani, che ogni anno vedono crescere i propri visitatori, ha espresso l’auspicio che lo Stato intervenga presto a protezione di una categoria essenziale di lavoratori: gli artisti.
Infine, dopo l’intervento di Lorenzo Casini, Presidente di Icon-s (International Society of Public Law), che ha sottolineato come l’accesso alla cultura rappresenti uno strumento essenziale per consentire a chiunque il “pieno sviluppo della persona umana” ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, il convegno è terminato con una mirabile conclusione di Sabino Cassese, che ha voluto ricordare il secondo comma dell’art. 4 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini hanno il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al “progresso materiale o spirituale della società”, con ciò sostenendo che la cultura non è soltanto un diritto fondamentale, ma è altresì un dovere inderogabile di ciascuno di noi.