Legge Pinto: nuove restrizioni
Cosa cambia per l’equa riparazione con la Legge di Stabilità
La Legge di Stabilità 2016, approvata dal Senato il 22 dicembre 2015 e pubblicata in G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015 (L. 28 dicembre 2015 n. 208) è tornata a modificare, a pochi anni dall’ultimo intervento, la disciplina dell’equa riparazione per la durata eccessiva dei giudizi di cui alla c.d. Legge Pinto (L. n. 89/2011).
Anche questa volta l’intento del legislatore sembra essere principalmente quello di contenere gli effetti della Legge Pinto sulle risorse pubbliche, posto che il costo degli indennizzi è stato quantificato in circa 400 milioni di euro.
Due le novità di maggiore impatto:
– l’introduzione dell’onere, a carico della parte che promuove domanda di indennizzo, di esperire – a pena di inammissibilità – i c.d. rimedi preventivi;
– la drastica riduzione degli indennizzi.
Quanto al primo aspetto, la richiesta di indennizzo non è più legata soltanto all’eccessiva durata del procedimento, ma all’aver esperito, pena l’inammissibilità della domanda, i rimedi preventivi ex art. 1 ter della L. n. 89/2011.
Sostanzialmente la parte deve dimostrare di essersi adoperata per ottenere in tempi celeri la sentenza attraverso tali rimedi, che sono alternativi e non cumulativi tra loro e che consistono, a titolo esemplificativo, nell’aver introdotto il giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione, nell’aver chiesto il passaggio dal rito ordinario a quello sommario, nell’aver proposto istanza di decisione a seguito di trattazione orale della causa. Analoghi rimedi, quali istanze di accelerazione e di prelievo, sono previsti per i processi penali, amministrativi, contabili e di natura pensionistica, nonché nei giudizi avanti la Corte di Cassazione.
Oltre a ciò, la misura dell’indennizzo è stata infatti ridotta della metà: l’art. 2 bis prevede, infatti, un minimo di € 400,00 e un massimo di € 800,00 per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo (prima il massimo era invece previsto in € 1.500,00). L’indennizzo potrà, inoltre, essere diminuito anche fino al 20% quando le parti del processo sono più di dieci e fino al 40% quando sono più di cinquanta.
Il legislatore ha, poi, introdotto:
– all’art. 2 il comma 2 quinquies, ove elenca i casi in cui non è riconosciuto alcun indennizzo (ad esempio, per la parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza delle proprie domande o difese), ed il comma 2 sexies, con i casi in cui si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria (come nel caso di contumacia o di dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato);
– il nuovo art. 5 sexies, il quale disciplina (complicandolo) il procedimento di pagamento delle somme eventualmente riconosciute. Occorre ora rilasciare all’amministrazione debitrice una dichiarazione attestante la mancata riscossione e di non aver esperito iniziative giudiziarie per lo stesso credito; ciò, unitamente ad altra documentazione che verrà precisata con decreto ministeriale entro il 31.10.2016. La dichiarazione ha validità sei mesi, decorsi i quali la pubblica amministrazione può chiedere una nuova presentazione. Nel corso del medesimo periodo non è, inoltre, possibile procedere ad esecuzione forzata o proporre ricorso per ottemperanza.
Da ultimo, preme evidenziare il nuovo criterio stabilito per la competenza territoriale, ora devoluta alla Corte d’Appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo, anziché al presidente della corte distrettuale competente a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati di cui all’art. 11 c.p.p.. Ciò significa che ciascuna Corte d’Appello conoscerà dei ricorsi presentati per i disservizi causati negli uffici giudiziari del proprio distretto, a discapito dei principi di terzietà ed imparzialità del giudice.
A fronte delle modifiche introdotte che si applicano comunque ai processi che superano i termini ragionevoli al 31 ottobre 2016 si pongono evidentemente dubbi di contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost., posto che l’accesso alla tutela giurisdizionale, diritto fondamentale del nostro ordinamento, viene condizionato a nuovi oneri e formalità varie nel tentativo di rimediare alle inefficienze delle pubbliche amministrazioni debitrici.
Iscriviti alla Newsletter