L’utilizzo di internet sul posto di lavoro è da sempre argomento di grande attualità e fonte di contrasto tra gli addetti ai lavori che, per risolvere le singole problematiche, si trovano a dover fare i conti con le disposizioni previste dalla normativa privacy (oggi Codice Privacy e dal 25.05.2018 Regolamento Europeo n. 679/2016), con le indicazioni contenute nelle Linee guida del Garante per posta elettronica e internet del 01.03.2007, con la disposizione prevista dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori ed anche con i principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte Europea per i diritti dell’uomo.

Tra le tematiche più frequenti vi è sicuramente quella attinente la legittimità dell’accesso, da parte del datore di lavoro, alla casella di posta elettronica aziendale del lavoratore.

Nello specifico le Linee guida prevedono espressamente che il datore di lavoro possa trattare i dati personali dei lavoratori, derivanti dall’uso di internet e dell’account aziendale, purché questi ultimi siano stati preventivamente informati:

  • sulle modalità e condizioni d’uso degli strumenti aziendali;
  • sulle forme e sui casi di controllo da parte del datore di lavoro;
  • sulle conseguenze, anche di natura disciplinare, applicabili qualora si verifichi un indebito utilizzo degli strumenti individuati.

L’informativa deve essere attuata mediante la redazione, adozione e diffusione di una policy interna.

Ove, poi, il lavoratore faccia uso privato del proprio account aziendale di posta elettronica, il Garante consiglia al datore di lavoro, per evitare intromissioni nella sfera personale del dipendente, di:

  • rendere disponibili indirizzi di posta elettronica condivisi tra più lavoratori, eventualmente affiancandoli a quelli individuali;
  • valutare la possibilità di attribuire al lavoratore un diverso indirizzo destinato ad uso privato del medesimo;
  • mettere a disposizione di ciascun lavoratore apposite funzionalità di sistema, che permettano, in caso di assenza del destinatario, di inviare automaticamente messaggi di risposta, contenenti le coordinate di un altro soggetto o altre utili modalità di contatto della struttura;
  • in caso di assenza prolungata o improvvisa del lavoratore, mettere in grado quest’ultimo di delegare un altro lavoratore a verificare il contenuto dei messaggi e ad inoltrare al titolare del trattamento quelli ritenuti rilevanti per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  • prevedere, nei messaggi di posta elettronica, un avvertimento ai destinatari circa l’eventuale natura non personale dei messaggi stessi.

Ciò, al fine di tutelare e garantire al lavoratore il rispetto della privacy, del diritto alla vita privata ed alla libertà ed alla segretezza della corrispondenza (art. 8 Cedu).

In questo senso si è recentemente espressa la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Infatti, la sentenza del 05 settembre 2017 (C. 61496/08) ha stabilito che il controllo, effettuato dal datore di lavoro, sui messaggi personali del dipendente implica la violazione dei diritti sopra menzionati, qualora quest’ultimo – seppur specificamente e preventivamente informato circa: (i) il divieto di uso personale dell’e-mail aziendale; (ii) che il controllo delle e-mail era limitato nel tempo e nell’oggetto e (iii) che il contenuto delle comunicazioni non era stato utilizzato per legittimare il licenziamento – non sia stato messo a conoscenza delle modalità con cui detti controlli sarebbero stati effettuati ed il relativo scopo.

Ne deriva, quindi, che al datore di lavoro è consentito monitorare l’account aziendale di posta elettronica del lavoratore, purché vengano adottate tutte le predette cautele finalizzate a garantire il rispetto del bilanciamento tra il diritto alla vita privata del dipendente e le esigenze di controllo del datore di lavoro.

Stante la complessità e la delicatezza dei diritti coinvolti, è evidente che tale pronuncia non esaurirà l’interesse per l’argomento che, riteniamo, sarà oggetto di ulteriori approfondimenti, anche in considerazione della deadline del 25.05.2018.

 

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