Con l’ordinanza n. 1499 pubblicata il 21 gennaio 2019 la Corte di Cassazione, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Ancona, ha ritenuto assolto l’onere di repechage da parte del datore di lavoro che, a fronte dell’effettiva soppressione del posto di lavoro assegnato al lavoratore, aveva anche proposto al medesimo un impiego part-time in altro ruolo in alternativa al recesso per giustificato motivo oggettivo.

Tale offerta era, però, stata rifiutata dal lavoratore.

E’ opportuno ricordare che qualora il datore di lavoro intenda licenziare un lavoratore per un motivo economico non deve solamente dimostrare, ai fini della validità del provvedimento espulsivo, la sussistenza della ragione fondante il recesso, ma anche che non esistono in azienda posizioni disponibili, di pari livello ovvero anche inferiori, in cui impiegare utilmente il lavoratore.

Seguendo il ragionamento della Corte di Cassazione, il datore di lavoro è, quindi, tenuto a valutare se sia attuabile una utile ricollocazione del lavoratore in esubero anche attraverso una possibile riduzione dell’orario di lavoro, da prospettarsi preventivamente.

Sempre sull’obbligo di repechage si segnala anche un’altra recente pronuncia di legittimità.

Con la sentenza n. 4672 del 18 febbraio 2018 la Corte di Cassazione ha, infatti, precisato che “trattandosi di prova negativa, il datore di lavoro ha sostanzialmente l’onere di fornire la prova di fatti e circostanze esistenti di tipo indiziario o presuntivo idonei a persuadere il giudice della veridicità di quanto allegato circa l’impossibilità di un collocazione alternativa del lavoratore nel contesto aziendale”.