Il 9 marzo Confindustria, da un lato, e CGIL, CISL e UIL, dall’altro, hanno sottoscritto un Accordo Interconfederale su “contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva”.

Si tratta di un accordo di programma, che ovviamente non ha effetti immediati sulla contrattazione collettiva, ma che è estremamente importante per i principi che le parti affermano essere comuni.

Senza pretesa di sintesi esaustiva e con la consapevolezza dei rischi dell’eccessiva semplificazione, focalizziamo quanto emerge dall’Accordo.

Premessa generale è che la contrattazione è fattore di sviluppo economico, sia essa nazionale o di secondo livello (aziendale e territoriale).

Se la contrattazione nazionale mantiene la funzione di garanzia dei trattamenti economici e normativi comuni a tutti i lavoratori del medesimo settore sul territorio nazionale, la contrattazione di secondo livello andrà ad assumere un ruolo centrale: è con i contratti aziendali e territoriali che devono essere introdotti i trattamenti economici legati ad obiettivi reali e concordati di crescita della produttività aziendale, di efficienza, di redditività, di innovazione.

A livello nazionale la retribuzione sarà definita sulla base di due ‘istituti’: il TEM e il TEC.

Il TEM, o trattamento economico minimo, coinciderà con i minimi tabellari, per i quali dovrà essere definito il meccanismo di crescita.

Il TEC, o trattamento economico complessivo, sarà dato dalla somma del TEM e degli ulteriori istituti economici definiti a livello nazionale, incluse le forme di welfare previste dallo stesso contratto collettivo nazionale.

Nei contratti di secondo livello saranno previsti i trattamenti economici legati agli obiettivi individuabili in sede aziendale o territoriale, “valorizzando i processi di digitalizzazione e favorendo forme di partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Chi sono i soggetti della contrattazione?

Confindustria e CGIL, CISL e UIL hanno definito “uno dei pilastri fondamentali del modello di relazioni industriali” la misurazione e certificazione della rappresentanza.

Il richiamo è qui al Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014.

In sintesi, solo accordi sottoscritti dalle parti sindacali comparativamente più rappresentative sono efficaci ed esigibili in maniera generalizzata.

Quale la motivazione ed al tempo stesso l’obiettivo? “Contrastare la proliferazione di contratti collettivi, stipulati da soggetti senza nessuna rappresentanza certificata, finalizzati esclusivamente a dare  ‘copertura formale’ a situazioni di vero e proprio ‘dumping contrattuale’ che alterano la concorrenza fra imprese e danneggiano lavoratrici e lavoratori.”

In quest’ottica esige spazio la misurazione della rappresentanza anche della parte datoriale.

Quali i temi che devono essere prioritariamente oggetto della contrattazione?

Confindustria e CGIL, CISL e UIL li mettono in fila: welfare, formazione e competenze, sicurezza sul lavoro, mercato del lavoro, partecipazione.

Ora non resta che attendere per vedere come il quadro di regole comuni, che l’Accordo ha inteso fissare, sarà tradotto ed applicato in occasione dei prossimi rinnovi contrattuali nei diversi comparti.

Non solo: per vedere come il nuovo Parlamento affronterà i temi del lavoro e come reagirà alla chiara affermazione delle parti sociali per cui determinate materie sono di competenza delle parti sociali.

 

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