Referendum costituzionale: votiamo sì o no?
Il prossimo autunno avrà luogo il tanto atteso referendum popolare in cui i cittadini saranno chiamati ad esprimere il proprio assenso o dissenso alla riforma costituzionale, definitivamente approvata dal Parlamento in data 12.04.2016 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il successivo 15.04.2016.
Il dibattito sui mezzi di informazione è molto acceso, con importanti esperti di diritto costituzionale, titolari di cattedre nelle principali università italiane, che si sono schierati a favore o contro la riforma.
Dopo avere ospitato la scorsa settimana un dibattito sul tema, in cui sono state egregiamente illustrate le ragioni di entrambi i fronti con due noti professori dell’Università degli Studi di Milano, riteniamo opportuno fornire un breve riepilogo della situazione, riportando quanto emerso e cercando di rispondere alle domande che comunemente ciascun individuo chiamato al voto si è posto.
PERCHE’ E’ STATO DISPOSTO IL REFERENDUM?
La riforma pubblicata in data 15.04.2016 ha ad oggetto modifiche della nostra Costituzione, che viene comunemente definita “rigida” in contrapposizione a quelle carte costituzionali dette “flessibili”. Ciò in quanto, stabilendo i fondamenti dello Stato ed i diritti inviolabili di ogni individuo, per addivenire ad una sua modifica è necessario un procedimento legislativo “aggravato”, ovvero più complesso rispetto a quello con cui vengono approvate le leggi “ordinarie” di rango non costituzionale.
Ai sensi dell’art 138 Cost. le leggi di revisione della Costituzione devono essere approvate dalla Camera dei deputati e dal Senato con due deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi ed a maggioranza assoluta di entrambi i componenti, vale a dire la metà più uno dei membri di ciascuna delle due assemblee.
Ove tali deliberazioni avvengano addirittura con una maggioranza parlamentare di 2/3 degli aventi diritto al voto in ciascuna delle due camere, la legge che modifica la Costituzione può entrare in vigore, previa sua promulgazione e successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Altrimenti, l’art 138 Cost. prevede che la legge di revisione costituzionale possa essere sottoposta a referendum popolare.
Gli italiani, dunque, sono chiamati ad esprimere il proprio assenso alle modifiche della Costituzione perché tanto il Senato quanto la Camera dei deputati hanno approvato il testo legislativo con la sola maggioranza assoluta ed è stata quindi presentata richiesta di referendum da esponenti dello stesso Parlamento.
Spetta quindi ai cittadini l’ultima parola.
QUALI NOVITA’ POTREBBE PORTARE LA RIFORMA?
Le principali novità sono due:
1. riforma del Senato per quanto attiene alla sua composizione ed al suo nuovo ruolo nell’attività di legislazione del Parlamento;
2. redistribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni, con ulteriore modifica dell’art 117 Cost. già revisionato nel 2001.
LA RIFORMA DEL SENATO
La legge di revisione costituzionale prevede la riduzione a 100 unità del numero dei senatori, non più eletti direttamente dai cittadini: 5 verrebbero scelti dal Presidente della Repubblica con mandato settennale e senza possibilità di rielezione; i restanti 95 proverrebbero dai Consigli regionali, nella misura di uno per ciascuno tra i Sindaci dei Comuni dei rispettivi territori e con durata del mandato coincidente con quella degli organi territoriali che li hanno eletti.
Riguardo al nuovo ruolo delineato per il Senato nell’attività di legislazione, sui principali mezzi di informazione si afferma che la riforma costituzionale porrà fine al cosiddetto “bicameralismo perfetto”, fenomeno istituzionale che può avere luogo nei Parlamenti costituiti da due camere. Quando il bicameralismo è perfetto, come nel caso italiano, ciascuna delle due assemblee deve approvare il medesimo testo di legge affinché possa entrare in vigore. Ove ciò non accada, questo continua ad essere riproposto da una camera all’altra fino a quando entrambe non siano totalmente d’accordo sul contenuto finale, dando luogo alle c.d. “navette”.
Con la riforma costituzionale ciò non avverrebbe più, in quanto le leggi verrebbero approvate dalla sola Camera dei deputati ed il Senato avrebbe unicamente la possibilità di proporre modifiche che, una volta esaminate, potrebbero essere rigettate con un voto dei deputati a maggioranza semplice (vale a dire la metà più uno dei presenti). A tale sistema si derogherebbe solo in alcuni casi particolari, per la delicatezza delle materie trattate, come per le leggi di revisione costituzionale.
Sarebbe quindi solo la Camera dei deputati a votare la fiducia al Governo, in quanto assemblea politica.
LA REDISTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE TRA STATO E REGIONI
La riforma costituzionale prevede anche la modifica dell’art 117 Cost., che già nel 2001, nell’ambito di una più generale riforma del titolo V della Costituzione, era stato completamente riscritto, stabilendo, unitamente ad una competenza concorrente Stato-Regioni, quella esclusiva di ciascuno in specifiche materie espressamente indicate.
Con la riforma non sussisterebbe più alcuna competenza concorrente e quindi quel meccanismo per cui, per alcune materie, il legislatore statale deve predisporre i principi generali e quello regionale le norme di attuazione nei limiti dei predetti principi.
Ognuno dovrebbe quindi legiferare solo nelle materie spettanti.
La riforma assegna allo Stato quasi tutte le materie precedentemente di competenza concorrente.
Viene inoltre introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia”, con cui il Governo potrebbe presentare in Parlamento una proposta legislativa statale in materie di competenza esclusiva regionale qualora ciò venga ritenuto necessario per l’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero per la tutela di un interesse di rilievo nazionale.
PERCHE’ VOTARE SI’?
Ecco le principali argomentazioni presentate dal fronte del sì:
- questa riforma, per quanto imperfetta con necessità di successivi interventi legislativi, permetterebbe l’approvazione delle leggi in tempi più brevi, rendendo il procedimento di legislazione più snello così da porre fine al problema delle “navette”, causa di continui ritardi per cui l’Italia è stata più volte sottoposta alla procedura di infrazione dell’Unione Europea;
- la riduzione del numero dei senatori di 220 unità porterebbe ad un importante risparmio della spesa pubblica, soprattutto in un momento storico carico di scandali e sprechi.
PERCHE’ VOTARE NO?
Riportiamo le principali argomentazioni del fronte del no:
- la riforma è imperfetta, presentando una disciplina poco intellegibile in alcuni punti e che potrebbe quindi presentare problemi di applicazione. Ad esempio, cosa si intende per “unità giuridica o economica”, presupposto per la “Clausola di supremazia”?
- il Senato poteva essere definitivamente abolito, comportando solo in questa ipotesi un vero risparmio di spesa (opinione condivisa solo da una parte dei sostenitori del “no”);
- depotenziare il Senato nella prospettiva di eliminarlo rappresenterebbe un grave pericolo per la democrazia, sussistendo meno contrappesi e bilanciamenti al Governo ed alla sua maggioranza parlamentare;
- rappresenterebbe una contraddizione intendere i senatori di provenienza regionale come i portavoce delle istanze locali, dal momento che questi non potrebbero votare la fiducia al Governo;
- la nuova redistribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni depotenzierebbe l’autonomia di queste ultime, facendo un evidente passo indietro rispetto alla riforma del titolo V della Costituzione realizzata con la legge n. 3/2001, con cui sembrava si fosse aperta una nuova fase storica nell’ottica del federalismo.
ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI
E’ chiara l’importanza della riforma, comportando una modifica della nostra carta costituzionale, che in un paese da sempre politicamente e socialmente fragile rappresenta la più grossa garanzia di democrazia e di tutela dei diritti fondamentali di ognuno di noi.
Tanto gli argomenti del fronte del sì quanto quelli del fronte del no sembrano degni di considerazione e condivisione.
Il nostro paese è stato molte volte caratterizzato da apprezzabili riforme che nella loro iniziale presentazione risultavano imperfette, rendendo poi necessari successivi interventi del legislatore nel corso degli anni.
Bisogna allora capire se questa sia una riforma che, in quanto riconosciuta imperfetta da entrambi i fronti, possa eventualmente essere perfezionata nei prossimi anni o se, data l’importanza dei cambiamenti proposti, sia troppo pericoloso affidarsi alla politica degli anni futuri per colmare le lacune o eventualmente per potere tornare indietro, qualora venga appurata l’inadeguatezza delle modifiche apportate alla nostra Costituzione rispetto al tessuto socio-politico italiano.
Agli elettori la scelta, ai posteri l’ardua sentenza.
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