Con la sentenza n. 4970 del 27.02.2017 la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di obblighi di sicurezza gravanti sul datore di lavoro e sulla ripartizione dell’onere probatorio nel giudizio di risarcimento dei danni promosso dal lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro.

Come noto, l’art. 2087 c.c. prevede che il datore di lavoro è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei propri prestatori di lavoro.

In caso di infortunio, il datore di lavoro è tenuto a rispondere dei danni subiti dal proprio dipendente solo nel caso in cui abbia violato e/o omesso delle misure di sicurezza previste dalla legge (c.d. misure di sicurezza nominate) o individuate dalle conoscenze sperimentali e tecniche del momento (cd. misure di sicurezza innominate). La Corte di Cassazione ha ribadito che il lavoratore che agisce per il risarcimento del danno a seguito di infortunio, seppure non debba provare la colpa del proprio datore di lavoro, nei cui confronti opera la presunzione posta dall’art. 1218 c.c., è comunque tenuto a dimostrare sia l’inadempimento di questi sia il nesso causale tra inadempimento e danno.

Quanto al datore di lavoro, in caso di misure di sicurezza “nominate”, la prova liberatoria si esaurisce nella dimostrazione di avere ottemperato alle prescrizioni di legge; nel caso di misure di sicurezza “innominate”, invece, è tenuto a dimostrare di avere adottato i comportamenti specifici suggeriti dalle conoscenze sperimentali e tecniche, dagli “standards” di sicurezza normalmente osservati nel settore e/o individuati da altre fonti analoghe.

La Suprema Corte ha concluso affermando che sussistono lavorazioni connotate da una intrinseca pericolosità che non può essere in ogni caso eliminata: in tali casi non può accollarsi al datore di lavoro l’obbligo di garantire un ambiente a “rischio zero”, egualmente non può pretendersi l’adozione di accorgimenti per fronteggiare evenienze infortunistiche ragionevolmente impensabili”: diversamente si configurerebbe in capo al datore di lavoro, che ha tenuto la diligenza richiesta, una responsabilità oggettiva che non è prevista dall’ordinamento.

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