La Cassazione, con l’ordinanza n. 21152 del 4 luglio scorso, è intervenuta sulla dibattuta tematica della soggezione al fallimento di una start-up innovativa regolarmente iscritta nella sezione speciale del Registro delle Imprese che però non possiede, di fatto, i requisiti di legge per l’attribuzione di tale qualifica.

Il Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179 (cd. “decreto crescita-bis”), convertito con Legge 17 dicembre 2012 n. 221, e successive modificazioni, definisce la start-up innovativa come la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione” che sia in possesso di una serie di requisiti, alcuni cumulativi e altri alternativi.

In particolare, affinché una società possa essere qualificata come start-up innovativa occorre che:

  • sia costituita e svolga la propria attività d’impresa da non più di 60 mesi;
  • abbia in Italia la propria sede legale, ovvero una sede produttiva o una filiale qualora la sede legale si trovi in uno stato dell’Unione Europea;
  • abbia, a partire dal secondo anno di attività, un totale del valore della produzione annua, risultante dall’ultimo bilancio approvato, non superiore a 5 milioni di euro;
  • non abbia distribuito utili dall’anno della costituzione, né li distribuisca per tutta la durata del regime agevolativo;
  • abbia quale oggetto sociale esclusivo o prevalente “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”;
  • non sia stata costituita da una fusione o scissione societaria né a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda.

In aggiunta a questi, occorre inoltre la presenza di almeno uno tra i seguenti ulteriori requisiti:

  • sostenimento di spese di ricerca e sviluppo pari ad almeno il 15% del maggior dato fra costo e valore totale della produzione, risultanti dall’ultimo bilancio approvato;
  • impiego di una forza lavoro che per almeno un terzo sia in possesso o stia svolgendo un dottorato di ricerca, ovvero sia in possesso di laurea e abbia svolto da almeno tre anni attività di ricerca scientifica, ovvero che almeno per due terzi sia in possesso di laurea magistrale;
  • titolarità di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, ovvero dei diritti relativi a un programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività di impresa.

Il possesso di tutti i requisiti sopra elencati, consente, quindi, alla start-up innovativa di iscriversi nell’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese e di poter beneficiare, per la durata di cinque anni dalla sua costituzione, della disciplina di favore che la rende non assoggettabile alla procedura fallimentare (ora denominata “liquidazione giudiziale” in virtù dell’entrata in vigore, il 15 luglio scorso, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza).

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Trieste aveva revocato il fallimento di una società ritenendola non assoggettabile alla procedura fallimentare per effetto della sola iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese.

A parere della Corte d’Appello, infatti, l’iscrizione automatica di una start-up innovativa nella sezione speciale, sulla base dell’autocertificazione del proprio legale rappresentante, è assistita da una “presunzione di veridicità”, in quanto resa sotto la sua responsabilità penale, che ne esclude la soggezione al fallimento, risultando preclusa la verifica, in sede prefallimentare, dell’effettivo possesso dei requisiti di legge.

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso presentato dal Curatore, ha però cassato la sentenza impugnata affermando che “l’iscrizione di una società quale start-up innovativa nella sezione speciale del Registro delle Imprese, in base all’autocertificazione del legale rappresentante circa il possesso dei requisiti formali e sostanziali, ed alla successiva attestazione del loro mantenimento, non preclude la verifica giudiziale dei requisiti medesimi in sede prefallimentare, in quanto la suddetta iscrizione costituisce presupposto necessario ma non sufficiente per la non assoggettabilità al fallimento, essendo necessario anche l’effettivo e concreto possesso dei requisiti di legge per l’attribuzione della qualifica di start-up innovativa”.

Per la Cassazione, quindi, l’iscrizione nella sezione speciale, avendo natura di pubblicità dichiarativa, non può mai precludere all’autorità giudiziaria la verifica in concreto della presenza di tutti i requisiti, sia formali che sostanziali, richiesti dalla legge per la qualifica di start-up innovativa.

Occorre, pertanto, sempre dimostrare l’effettiva sussistenza dei requisiti di legge per evitare il fallimento o l’apertura della liquidazione giudiziale.