Nella negoziazione di un contratto internazionale è certamente di importanza fondamentale individuare le modalità con le quali possono essere risolte le controversie che possono insorgere.

La soluzione dell’arbitrato è, spesso se non sempre, quella preferibile.

I vantaggi nel decidere di inserire una clausola arbitrale nel contratto sono da un lato l’efficienza, la velocità e la confidenzialità del procedimento e, dall’altro, la stabilità della decisione.

In particolare per gli arbitrati internazionali tali vantaggi sono certamente superiori a quelli attribuiti ad un arbitrato nazionale: l’indipendenza dell’arbitro (degli arbitri), la limitata possibilità del c.d. forum shopping e la circolazione internazionale delle decisioni arbitrali ai sensi della Convenzione di New York del 1958.

Gli svantaggi, invece, sono più che altro rappresentati da due limiti: non vi è il potere di emettere provvedimenti provvisori né il diritto di intervento di terze parti.

La clausola arbitrale nei contratti internazionali e le Alternative Dispute Resolution non adjudicative

Bisogna quindi operare una distinzione netta tra arbitrato nazionale ed arbitrato internazionale: come discusso in un recente convegno (la Summer School in Transnational Commercial Agreements, Litigation and Arbitration tenutasi a Vicenza nella settimana del 23-27 Maggio) è la stessa differenza che intercorre tra l’elephant ed il sea elephant. L’unico elemento in comune è dato infatti dall’identità del nome.

Così, tra un procedimento arbitrale nazionale ed uno internazionale in comune vi è solo l’accordo delle parti a volere devolvere le controversie ad un arbitro con l’effetto di derogare alla giurisdizione statale, di uno degli Stati delle parti o di un terzo Stato.

Se una normale clausola sulla giurisdizione richiede un’accuratezza nella scelta della legge applicabile, del foro e, circostanza di non scarsa importanza, anche del luogo della consegna della merce per tutte le problematiche derivanti, una clausola arbitrale necessita di più accorgimenti.

In prima battuta la scelta del luogo dell’arbitrato ed, eventualmente, dell’organismo cui ricorrere: è importante infatti sapere che i partner internazionali talora prediligono determinate camere arbitrali e tuttavia queste non sono sempre le più utilizzate (si pensi a Parigi e a Londra).

Di non meno importanza riveste la scelta della lingua dell’arbitrato: si rifletta, infatti, su tutti i costi di traduzione ed ai compensi dei consulenti abili nell’idioma scelto oltre, ovviamente, a tutti i problemi di interpretazione dati dal significato di ogni singolo vocabolo che, con la traduzione, si possono perdere.

La scelta deve anche essere ponderata in merito sia al numero di arbitri – arbitro unico o collegio arbitrale – che alle skills che questi devono possedere.

Nel dettaglio per quanto attiene alla scelta dell’arbitro – sia di parte che unico – si deve tenere in considerazione l’esperienza riferita a casi analoghi ma anche quella in generale, la perfetta conoscenza da parte dell’arbitro che si intende nominare della lingua dell’arbitrato ed anche la nazionalità, la disponibilità ed il potere di persuasione oltre che, ovviamente, la reputazione, l’indipendenza e l’imparzialità.

Un particolare rilievo deve essere dato alla scelta della legge applicabile: va ricordato, infatti, che vi sono leggi nazionali che prevedono che, qualora sia iniziato il procedimento arbitrale, questo debba essere proseguito anche nel caso in cui la clausola arbitrale sia in realtà invalida.

Preme anche evidenziare che rispetto ad un arbitrato istituzionale – come quello in generale sopra delineato – se la preferenza ricade su un arbitrato ad hoc – quindi “ricamato” dalle parti (quasi letteralmente, talvolta!) in ogni sua fattispecie – è imprescindibile disciplinare minuziosamente tutta la procedura da seguire.

Nelle clausole arbitrali si legge, di solito:

should a disagreement regarding this contract arise, the two parties will discuss it with good faith

nel caso dovesse presentarsi un disaccordo riguardo il presente contratto, le due parti ne discuteranno secondo buona fede

o anche

both parties shall use their best efforts to resolve by mutual negotiation and agreement any disputes, controversies and differences which may occur between the parties in connection with this agreement

entrambe le parti dovranno adoperare i loro migliori sforzi per risolvere di comune accordo ogni eventuali dispute, controversie e differenze che possano verificarsi tra loro in relazione al presente accordo

e poi l’inciso successivo prevede la devoluzione della controversia ad un arbitro, con tutte le caratteristiche sopra riportate, qualora la negoziazione non porti ad una composizione bonaria della controversia che sta per insorgere.

La clausola arbitrale nei contratti internazionali e le Alternative Dispute Resolution non adjudicative

Si ritiene che una tale clausola c.d. di rinegoziazione a volte non basti ma che sia necessario prevedere altri modi di risolvere le controversie internazionali che stanno a metà tra la “discussione secondo buona fede” e l’arbitrato: queste sono le c.d. ADR non adjudicative (i.e. conciliation/mediation; neutral evaluation; expert determination; med-arb; mini-trials; dispute boards).

Senza entrare nel dettaglio delle singole procedure si può evidenziare come nella mediation (mediazione) il mediatore può utilizzare differenti tecniche (c.d. facilitative, evaluative o transformative) per condurre le parti – coinvolgendole attivamente – ad una soluzione che non è una decisione ma un accordo tra le stesse volto a risolvere la disputa mentre, in un procedimento arbitrale, l’arbitro è comunque terzo e decide come un “giudice”.

E addirittura con il termine dispute boards si ricomprendono metodi di risoluzione della controversia – prettamente americani – con i quali le parti, a priori, decidono quanto può essere vincolante la soluzione adottata oppure con le med-arb si attiva una forma di arbitrato in cui l’arbitro inizia come mediatore ma, solo in caso di fallimento della mediazione, impone una decisione vincolante per le parti.

L’inserimento di questo step intermedio se, da un lato, può portare ad un allungamento generale della risoluzione della controversia – sempre comunque in termini di certezza poiché, con una clausola scritta attentamente, il procedimento per esempio di mediazione ha tempistiche ben definite – dall’altro lato, in caso di soluzione, può determinare un notevole risparmio dei costi che l’arbitrato comporta.

Si evidenzia, da ultimo, che sono nati organismi ad hoc (tra le altre la Florence International Mediation Chamber – che è una sezione della Camera di Commercio di Firenze – e la The International Business Mediation Service – che è una sezione della Chamber of Arbitration of Milan) volti appunto a integrare questa nuova esigenza, creatasi in ambito internazionale, di cercare di risolvere le controversie sul nascere.

 

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