È noto che, in caso di sfratto per morosità, il locatore ha diritto a percepire i canoni impagati e, sino al rilascio, un’indennità pari all’ammontare del canone stesso.

Ma il locatore può chiedere al conduttore anche la corresponsione, a titolo risarcitorio, di tutti i canoni che avrebbe avuto diritto di percepire se il contratto fosse giunto a naturale scadenza?

È questo il quesito a cui ha risposto la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 4892, pubblicata il 25.02.2025, resa a Sezioni Unite.

Su tale argomento in giurisprudenza si erano formati due orientamenti.

– il filone maggioritario, ma più risalente, riconosceva al locatore, che aveva chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, il diritto al risarcimento del danno per la mancata percezione dei canoni concordati sino alla naturale scadenza del contratto, ovvero sino al reperimento di un nuovo conduttore.

Quanto all’ammontare di tale risarcimento, in una prima fase l’orientamento in esame riteneva che lo stesso dovesse essere parametrato alla mancata percezione dei canoni.

Detto indirizzo si è, poi, evoluto, giungendo ad escludere tale automatismo e a rimettere la determinazione dell’ammontare del danno per la mancata percezione dei canoni concordati alla valutazione condotta dal giudice, secondo le circostanze del caso concreto;

l’orientamento giurisprudenziale minoritario, ma più recente, invece, negava al locatore, che aveva chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, il diritto al risarcimento del danno per la mancata percezione dei canoni concordati sino alla naturale scadenza del contratto, ovvero sino al reperimento di un nuovo conduttore.

Ciò sul presupposto che il canone rappresenta un corrispettivo per la privazione del godimento del bene, con la conseguenza che, una volta ottenuta la restituzione dell’immobile, il locatore non potrebbe pretendere alcunché a titolo risarcitorio. Al più, se l’immobile viene riconsegnato in condizioni da necessitare un ripristino, il locatore potrebbe chiedere un danno correlato alla mancata percezione del canone per il tempo occorrente allo stesso.

Dirimendo il contrasto giurisprudenziale sopra esposto, la Suprema Corte di Cassazione ha negato che la restituzione dell’immobile locato valga per sé ad escludere il diritto del locatore a rivendicare, a titolo risarcitorio, i canoni che sarebbero stati dovuti sino alla naturale scadenza del contratto (ovvero sino al reperimento di un nuovo conduttore).

Al contempo, la suprema Corte ha, però, precisato che l’ammontare del danno risarcibile non deve corrispondere, con carattere di automaticità, ai canoni non percepiti, dovendosi, invece, valutare le circostanze del caso concreto, prime fra tutte l’utile che il locatore avrebbe potuto percepire dall’immobile nel periodo decorrente fra la risoluzione prematura del contratto e la sua naturale scadenza.

Le Sezioni Unite hanno, altresì, chiarito che, per ottenere detto risarcimento, il locatore dovrà anche provare di essersi attivato, non appena ottenuta la restituzione del bene locato, per ricollocarlo sul mercato, seppur senza esito. Ciò, anche in ragione del principio di buona fede.