Con sentenza n. 9140, depositata lo scorso 06 maggio, le Sezioni Unite si sono pronunciate in tema di contratti di assicurazione con clausola claims made (ovvero a richiesta fatta), enunciando i seguenti principi di diritto:

nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina del D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata”.

La Corte – dopo ampia e approfondita trattazione dell’argomento, partendo dalla definizione della tipologia di copertura e dalla sua distinzione dal modello delineato dall’art. 1917 c.c., denominato loss occurance (letteralmente insorgenza del danno), e proseguendo con la distinzione delle clausole claims made in due grandi categorie (miste o impure da un lato, come quella oggetto di esame, e “pure” dall’altro, destinate queste alla manleva di tutte le richieste risarcitorie pervenute durante il periodo di efficacia della polizza, indipendentemente dalla data del fatto illecito) – giunge a chiarire che la clausola non va qualificata come limitativa della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c., ma dell’oggetto del contratto, in quanto essa riguarda il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specifica il rischio.

Claims made: le Sezioni Unite ne riconoscono la legittimità

Affermano le Sezioni Unite che lo scostamento dal modello codicistico introdotto dalla clausola claims made si inscrive a pieno titolo nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto entro i quali, ai sensi dell’art. 1905 c.c., l’assicuratore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall’assicurato.

La clausola, quindi, circoscrive dal punto di vista temporale la copertura assicurativa, stabilendo “quali siano, rispetto all’archetipo fissato dall’articolo 1917 Codice civile, i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare l’oggetto, piuttosto che la responsabilità.

Prima di concludere, le Sezioni Unite si soffermano sulla questione della compatibilità della clausola claims made con l’introduzione, in taluni settori, dell’obbligo di stipulare idonea assicurazione a copertura delle ipotesi di responsabilità civile connesse all’esercizio dell’attività professionale. Al riguardo, viene sottolineato che difficilmente potrà avere esito positivo un giudizio di idoneità della polizza in presenza di una clausola claims made che potrebbe esporre il garantito a buchi di copertura. I consigli nazionali e gli enti previdenziali dei professionisti dovranno, quindi, tenere conto di questi aspetti al momento della stipula delle convenzioni collettive, atteso che “qui non sono più in gioco soltanto i rapporti tra società e assicurato, ma anche e soprattutto quelli tra professionista e terzo”.

 

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