Una recente sentenza del Tribunale di Pavia, la n. 11 del 26.01.2017, ha nuovamente sottolineato l’importanza dei criteri di liquidazione del danno non patrimoniale proposti dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, pronunciandosi in materia di danno biologico terminale.

Come noto, il danno biologico terminale – di creazione giurisprudenziale – si configura ogni qualvolta “la vittima percepisca uno stato di grande sofferenza fisica e mentale nell’intervallo di tempo intercorrente tra la lesione della salute e il successivo e inesorabile spegnersi delle funzioni vitali fino all’inevitabile morte” e prevede l’esistenza di una patologia medicalmente accertabile che, per poter essere definita “apprezzabile”, progredisca in un lasso di tempo ragionevole per poi condurre alla morte.

Sull’argomento assumono rilievo gli studi effettuati dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano volti, da un lato, a evitare l’utilizzo di criteri meramente discrezionali da parte dei Giudici per la liquidazione del danno biologico terminale e, dall’altro, a elaborare una proposta tabellare fondata sui seguenti principi:

  • unitarietà ed omnicomprensività del danno terminale, che comprende tutti i pregiudizi definiti come danno biologico terminale, da lunga agonia o morale catastrofale e che esclude la sperata liquidazione del danno biologico temporaneo “ordinario”;
  • durata limitata del danno, che non può protrarsi per un tempo esteso. Viene individuata convenzionalmente in un periodo di tempo inferiore a 100 giorni, oltre il quale va risarcito nel danno biologico temporaneo “ordinario”;
  • coscienza del danno, occorrendo la comprovata percezione della fine imminente in capo al soggetto;
  • intensità decrescente del danno e metodo tabellare, ovvero il danno tende a decrescere con il passare del tempo. Pertanto, nel periodo immediatamente successivo all’evento lesivo la sofferenza sarà massima e tenderà a scemare nella fase successiva.

Alla luce dei principi enunciati, l’Osservatorio ha proposto una liquidazione equitativa del danno terminale limitata ai primi tre giorni, entro il tetto massimo di € 30.000,00, non personalizzabile. Dal quarto giorno e in considerazione delle circostanze di cui al caso concreto, ha prospettato una personalizzazione del danno, convenzionalmente in € 100,00 giornalieri, con progressiva diminuzione in ragione del trascorrere del tempo.

Il Tribunale di Pavia, aderendo ai criteri proposti dall’Osservatorio, ha accertato e liquidato il danno biologico terminale subito da un uomo, deceduto a seguito di un incidente stradale dopo essere sopravvissuto per ben 64 giorni.

Nel corso del giudizio gli eredi hanno dimostrato che il de cuius è rimasto vigile per un giorno intero, senza dar prova però che nei 63 giorni successivi all’evento l’uomo abbia vissuto in uno stato di “lucida agonia”.

Tuttavia, il Giudice – richiamando la pronuncia della Suprema Corte n. 15395/2016, secondo cui tale tipologia di danno sussiste a prescindere dal fatto che sia dimostrato lo stato di coscienza in cui versa il soggetto leso, e rinvenendo, dalle risultanze di causa, l’esistenza di segnali di risposta alle sollecitazioni esterne – ha ritenuto comunque configurabile l’elemento della coscienza “seppur debolissima” anche durante il periodo di coma, protrattosi appunto per 63 giorni.

Il Giudice quindi, recependo gli studi elaborati dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano sopra menzionati, ha liquidato a titolo di danno biologico terminale – tenendo conto delle circostanze del caso di specie e dell’età del soggetto – l’importo di € 10.000,00 per il primo giorno di lucida agonia, e di € 9.135,00 (€ 145,00 pro die) per i successivi 63 giorni in stato di coma.