A seguito dell’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco (l. 8 marzo 2017, n. 24), che ha sostituito il decreto Balduzzi, le Sezioni Unite Penali della Cassazione tornano a pronunciarsi in tema di responsabilità medica, dirimendo il contrasto giurisprudenziale insorto con riferimento ai profili intertemporali di applicazione della legge ed al perimetro applicativo del neo introdotto art. 590-sexies del Codice Penale, che al secondo comma prevede una specifica causa di esclusione della punibilità quando siano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. 

Due gli orientamenti giurisprudenziali contrapposti: secondo una prima pronuncia (n. 28187/2017) la disciplina di cui al decreto Balduzzi sarebbe più favorevole rispetto a quanto disciplinato dalla successiva Gelli-Bianco. In particolare, mentre il decreto Balduzzi esclude, in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, la normativa sopravvenuta elimina la distinzione tra colpa lieve e colpa grave ai fini dell’attribuzione dell’addebito, dettando una nuova ed articolata disciplina in ordine alle linee guida che costituiscono il parametro per la valutazione della colpa per imperizia.

Una diversa e più recente pronuncia (n. 50078/2017) ritiene invece più favorevole la legge n. 24/2017 che, come detto, esclude la punibilità del medico che abbia applicato in maniera imperita le linee guida prescelte incorrendo in un mero errore in executivis.

Le Sezioni Unite, chiamate a decidere quale fosse “in tema di responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni personali, l’ambito di esclusione della punibilità previsto dall’art. 590-sexies c.p., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24” con l’informazione provvisoria n.31/2017, lo scorso 21 dicembre hanno enunciato il seguente principio di diritto:

L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:
a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;
b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico.

La Corte di Cassazione sceglie dunque di individuare un’ipotesi di esclusione della colpa lieve laddove sia riscontrabile un errore per imperizia nella fase dell’esecuzione dell’atto medico, pur a fronte dell’esistenza di linee guida, correttamente individuate, pertinenti ed adeguate alla specificità del caso concreto.

 

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