Sentenza n. 13578 del 4 luglio 2016

La Corte di Cassazione è intervenuta in merito all’imponibilità previdenziale delle somme erogate dal datore di lavoro al dipendente a titolo di risarcimento del danno da demansionamento riconosciuto con sentenza: la Suprema Corte ha confermato che non sono soggette a contribuzione le somme erogate per risarcire il danno consistente nell’impoverimento delle capacità professionali acquisite dal lavoratore riconducibile a responsabilità datoriale.

L’impossibilità di svolgere il lavoro per cui si è idonei comporta un decremento o quantomeno un mancato incremento della professionalità, intesa come l’insieme delle conoscenze teoriche e delle capacità pratiche che il lavoratore acquisisce con il concreto esercizio della propria attività: si tratta di danno emergente.

Diversamente, costituiscono imponibile contributivo (oltre che fiscale) le somme erogate a titolo di lucro cessante per risarcire il danno da perdita di futuri guadagni, pur derivante dai medesimi comportamenti datoriali.

Per escludere l’obbligo contributivo la Corte di Cassazione ha posto l’accento sul richiamo al principio del pregiudizio alla professionalità del lavoratore e sulla circostanza che alcun riferimento a specifiche occasioni di guadagno perdute fosse stato fatto in giudizio.

La norma richiamata dalla Suprema Corte è l’art. 12 L. 153/1969 come modificato dal D.Lgs. 314/1997 sulla cd. armonizzazione delle disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi da lavoro dipendente.

E’ noto che il comma 4 dell’art. 12 prevede i casi di esclusione dalla base imponibile contributiva, tra i quali (alla lettera c) vi sono i proventi e le indennità conseguiti, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni.

Fermo restando che la previsione delle esclusioni è tassativa, la Corte di Cassazione afferma che vi rientrano le somme corrisposte dal datore di lavoro al dipendente a titolo risarcitorio per indennizzarlo dell’accertato danno alla professionalità subito per fatto dello stesso datore di lavoro. Precisa che la norma citata è speciale in tema di determinazione del reddito da lavoro a fini contributivi e, quindi, prevale sulla disciplina in materia fiscale.

Demansionamento: non sono dovuti i contributi sulle somme pagate a titolo di risarcimento del danno emergente

Ad ogni buon conto rimane confermato il principio (affermato dall’Agenzia delle Entrate nella nota risoluzione 155 del 2002) secondo cui, per negare l’assoggettabilità ad IRPEF di una erogazione economica effettuata a favore del prestatore di lavoro da parte del datore di lavoro, è necessario accertare che l’erogazione non abbia causa nel rapporto di lavoro e, se ciò non sia positivamente escluso, che l’erogazione, in base all’interpretazione  della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovi la fonte della sua obbligatorietà né in redditi sostituiti né nel risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri.

Ora, la Corte di Cassazione si è riferita ad un danno da demansionamento accertato con sentenza.

Problema concreto è quello dell’erogazione di somme a titolo risarcitorio nell’ambito di accordi transattivi anche antecedenti l’instaurazione del giudizio avanti il giudice del lavoro.

E’ ovvio che è possibile indicare il titolo risarcitorio con esclusione di qualsiasi imposizione fiscale e contributiva solo in presenza degli elementi probatori che costituiscono il fondamento del danno emergente.

Non è certo sufficiente che nell’accordo transattivo sia indicata la qualificazione del titolo come risarcimento del danno emergente per evitare le conseguenze di un accertamento contributivo o tributario.

Pertanto, è necessario essere in possesso di una certificazione medica (seppure non medico-legale) che attesti il danno psicofisico derivato al lavoratore dall’asserito demansionamento ovvero di documentazione comprovante spese sostenute dallo stesso per arginare le conseguenze dannose dell’irregolare comportamento datoriale.

Evidentemente nell’ipotesi in esame all’accordo transattivo si sarà giunti in quanto il lavoratore avrà precedentemente e formalmente lamentato atteggiamenti datoriali pregressi e continuativi volti al proprio demansionamento.

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