Temi sempre di attualità e di non facile soluzione sono quelli inerenti la fornitura e manutenzione da parte dei datori di lavoro e l’utilizzo dei lavoratori dei dispositivi di protezione individuale (DPI).

Sappiamo che per DPI deve intendersi, ai fini del D.Lgs. n.81/08, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

La domanda che ci si pone ora è se i DPI siano esclusivamente quelli previsti nel documento di valutazione dei rischi (DVR) oppure no.

Tale quesito trova origine nell’ordinanza n.33133, resa lo scorso 16 dicembre dalla Sezione Lavoro della Cassazione.

Nella pronuncia anzidetta la Cassazione ha, infatti ed incidentalmente, affermato che “la categoria dei DPI deve essere definita in ragione della concreta finalizzazione delle attrezzature, degli indumenti e dei complementi o accessori alla protezione del lavoratore dai rischi per la salute e la sicurezza esistenti nelle lavorazioni svolte, a prescindere dalla espressa qualificazione in tale senso da parte del documento di valutazione dei rischi e dagli obblighi di fornitura e manutenzione contemplati dal contratto collettivo”.

L’anzidetta enunciazione può avere un impatto tutt’altro che trascurabile, perché la sua applicazione concreta non è agevole, anche per il solo fatto che, nella pronuncia di legittimità, non viene censurato in sé e per sé il DVR.

Se è innegabile che, da un lato, l’imprenditore soggiace al precetto dell’art.2087 c.c. (adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro), dall’altro, non può non considerarsi che la valutazione sulla necessità dei DPI implica e presuppone l’imprescindibile intervento di un soggetto terzo esperto, il cui giudizio si tramuta in una prescrizione da inserire nel DVR.

Se così non fosse, ogni valutazione finirebbe per essere rimessa alla discrezionalità del confronto fra datore di lavoro e lavoratore, generando, inevitabilmente, contenziosi.