Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 2.7.2015, ha ritenuto che il sistema di trasporto organizzato grazie alla nota app UBER integri concorrenza sleale in danno dei taxisti e ne ha inibito in via cautelare l’uso in tutta Italia.

Per le associazioni dei taxisti, UBER avrebbe ideato un sistema equivalente al radiotaxi, “attraverso il quale i conducenti reclutati offrono un servizio da ritenersi abusivo”, poiché esercitato in violazione delle norme pubblicistiche che disciplinano il settore.

Secondo UBER, invece, l’uso dell’app rappresenterebbe un sistema di trasporto privato, spontaneo e condiviso nell’ambito di una community che nulla ha a che spartire con il servizio pubblico.

Taxi cab design.

Il Tribunale, rigettando le difese di UBER,  ha prima di tutto affermato che  l’app fornisce un servizio analogo a quello dei tradizionali radiotaxi, sebbene organizzato “con modalità più moderne”.

La concorrenza sleale è stata ravvisata dai giudici nel fatto che, in presenza di un servizio analogo, UBER e i guidatori dell’app, attraverso l’omesso rispetto della normativa di settore, possono “realizzare risparmi di costo e semplificare in maniera sostanziale la propria attività organizzativa e di vigilanza”.

Per il momento, dunque, i taxisti hanno avuto la meglio su UBER. Si resta in attesa di sapere se l’orientamento del Tribunale in sede cautelare verrà confermato all’esito del giudizio di merito.