In una recente sentenza, la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di locazione immobiliare ad uso non abitativo, si è soffermata ad analizzare le conseguenze derivanti dalla mancata registrazione del contratto di locazione.

Precisamente, la Suprema Corte, a seguito di una puntuale analisi dell’intero impianto normativo in materia, ha statuito che la mancata registrazione del contratto di locazione, prevista dall’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, comporta la sua nullità ex art. 1418 c.c..

Nullità, questa, che può, tuttavia, essere sanata mediante la tardiva registrazione, la quale produrrà effetto sin dalla stipula del contratto di locazione.

La Suprema Corte ha evidenziato che tale soluzione interpretativa, oltre ad essere coerente con i principi normativi e giurisprudenziali sviluppatisi sul punto, consente anche un adeguato contemperamento degli interessi, sia delle parti contrattuali che pubblicistici.

Da un lato, infatti, la sanzione di nullità, precludendo al locatore di riscuotere il canone convenuto, oltre che imponendogli la restituzione delle somme già versate, determina l’emersione delle cosiddette “locazioni in nero”.

Dall’altro lato, però, la possibilità di sanatoria mediante la tardiva registrazione, consente alle parti di mantenere stabili gli effetti del contratto voluto, sia nell’interesse del locatore che del conduttore. Il locatore, infatti, potrà legittimamente pretendere il versamento dei canoni di locazione. Il conduttore, invece, godrà della durata della locazione come contrattualmente prevista, non sarà esposto ad azioni di rilascio e, per le locazioni non abitative, manterrà, nei casi previsti per legge, il diritto all’indennità di avviamento, oltre che quello di prelazione.

Sentenza Cass. n. 10498 del 28.04.2017