“Think twice before you forward”: pensaci due volte, prima di inoltrare. Con questo messaggio si conclude il video ‘Piece of me’, realizzato nell’ambito della campagna di sensibilizzazione lanciata da KPN, la principale società di telecomunicazioni dei Paesi Bassi (consultabile qui).

Il tema è l’impatto devastante sui ragazzi dell’online shaming, una forma di umiliazione pubblica in cui un soggetto viene molestato, deriso o intimidito da altri utenti della rete per un contenuto intimo che lo riguarda e che è stato condiviso online. L’obiettivo della campagna è quello di rafforzare la consapevolezza circa le conseguenze derivanti dalla condivisione di video e immagini privati senza consenso.

Nel nostro ordinamento, il reato di revenge porn è stato disciplinato, come autonoma fattispecie delittuosa, dalla Legge n. 69/2019, il c.d. Codice Rosso: in precedenza, le condotte integranti tale fattispecie venivano perseguite mediante l’incriminazione di altri reati, tra loro collegati, quali la minaccia, la diffamazione, l’estorsione, lo stalking, la violazione della privacy.

Nell’ottica di offrire una tutela più mirata ed efficace contro il crimine digitale a sfondo sessuale, è stato infatti introdotto nel Codice Penale l’art. 612 ter, intitolato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, che punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000, “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” nonché “chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”.

Le conseguenze del revenge porn sono devastanti per le vittime e, troppo spesso, sono sottovalutate, soprattutto dai giovani: per tale ragione, è urgente ed improcrastinabile che il dibattito si sposti dal colpevolizzare la vittima all’assumersi la responsabilità della condivisione non autorizzata di contenuti in rete.

Molte sono le campagne di sensibilizzazione lanciate sul tema, finalizzate a creare maggior consapevolezza tra gli utenti della rete, ma anche ad informare sui rischi a cui si va incontro commettendo il reato, sulle cautele per prevenirlo e sui mezzi difensivi a cui ricorrere se lo si subisce.