Il diritto alla provvigione da parte del mediatore sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice del medesimo.

Ma cosa accade quando intervengono più mediatori?

L’art. 1758 c.c.  stabilisce che ciascun mediatore ha diritto ad una quota di provvigione.

A riguardo, però, la giurisprudenza ha chiarito che il diritto alla divisione della provvigione sorge soltanto quando i mediatori abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare.

Sul tema è tornata a pronunciarsi recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22426/2020, soffermandosi sull’ipotesi in cui le trattative si svolgano in momenti successivi e distinti, per il tramite di più mediatori.

In particolare, con la predetta pronuncia, la Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso un effettivo contributo causale, in ordine al perfezionamento di un contratto di compravendita immobiliare, nel contegno di un mediatore che, dopo aver fatto visionare alla potenziale acquirente l’immobile oggetto di negoziazione, non era stato in grado di indicargliene il prezzo e si era rifiutato di accettare la sua proposta, tanto che l’affare si era poi concluso grazie all’intervento di altro intermediario.

La Corte di legittimità ha, dunque, confermato il principio per cui non sussiste alcun diritto alla provvigione in capo al mediatore laddove una prima fase delle trattative, avviate con l’intervento di quest’ultimo, non dia risultato positivo e le parti giungano, invece, alla conclusione dell’affare per effetto di iniziative nuove non ricollegabili alle precedenti e da queste condizionate, così da potersi escludere la rilevanza dell’originario intervento del mediatore che le aveva poste inizialmente in contatto.