La normativa emergenziale emanata in questi mesi dal Governo per limitare la diffusione del Covid-19 ha previsto importanti indicazioni operative per la ripresa delle attività economiche.

Come è stato approfondito nella newsletter del 15.04.2020, il legislatore ha imposto alle aziende una sostanziale riorganizzazione, mediante l’adozione di specifici protocolli di sicurezza volti a coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità degli ambienti di lavoro.

Tra questi, a titolo esemplificativo, la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica delle postazioni di lavoro, degli spogliatoi e delle aree comuni, la messa a disposizione di prodotti igienizzanti e di idonei dispositivi di protezione individuale, come le mascherine, la predisposizione di procedure per la gestione di dipendenti con sintomatologia da Coronavirus.

La mancata adozione di tali misure, oltre a mettere a rischio l’incolumità di dipendenti e collaboratori, espone il datore di lavoro a differenti profili di responsabilità, anche di natura penale.

In primo luogo, il datore potrà essere chiamato a rispondere della contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206 l’inosservanza di un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di sicurezza pubblica, d’ordine pubblico o di igiene.

Con specifico riferimento alla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro, i datori che non adottano i piani di intervento previsti per legge potrebbero andare incontro ad importanti sanzioni anche di carattere amministrativo per violazione dell’art. 18, lett. i) del D. Lgs. 81/2008, che sancisce l’obbligo di informare il prima possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le misure assunte per la loro protezione. Peraltro, per gli enti la cui attività comporti l’esposizione diretta dei lavoratori al rischio di contagio, il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere del reato contravvenzionale di omessa valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente (art. 282 D. Lgs. n. 81/2008).

In caso di contagio da Covid-19 avvenuto nei locali aziendali, vi è inoltre la possibilità che il datore sia considerato penalmente responsabile per i delitti di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) o di omicidio colposo (art. 589 c.p.), per non aver impedito, adottando tutte le misure di prevenzione connesse al proprio ruolo, il pregiudizio derivato al lavoratore.

A tal fine, dovrà essere accertato il nesso causale tra la condotta tenuta dal datore e l’evento-contagio verificatosi nell’ambiente lavorativo, escludendo la possibilità che la contaminazione si avvenuta altrove.

Dal canto proprio, il datore di lavoro potrà dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tutelare i lavoratori mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. 16 maggio 2020, n. 33, nonché tramite l’adozione delle misure contenute nei protocolli o negli accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative sul piano nazionale, come previsto dalla L. 5 giugno 2020, n. 40 che ha convertito in legge il D.L. 23/2020.

Da ultimo, i reati di lesioni colpose e omicidio colposo commessi con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro rientrano nel catalogo dei reati-presupposto, con possibili conseguenze anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. 231/2001.

Il legislatore, anche sotto la minaccia della sanzione penale, ha imposto ed impone quotidianamente una grande responsabilità, giuridica oltre che morale, in capo ai datori di lavoro, chiamati ad adottare ogni soluzione idonea a salvaguardare l’attività d’impresa ed i posti di lavoro e, dall’altro lato, a tutelare la salute e la sicurezza dei propri dipendenti.