Se nell’ambito di una procedura di divorzio instaurata in Italia, uno dei coniugi propone domande aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale ed il mantenimento dei figli minori residenti in un altro stato dell’Unione Europea, quale giudice è competente a decidere?

Sull’argomento è recentemente tornata a pronunciarsi la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 30657/2018 del 27.11.2018), confermando l’orientamento giurisprudenziale affermatosi nel corso degli ultimi anni.

La Corte, nel rispetto del Regolamento CE n. 2201/2003, ha distinto tra competenza del giudice italiano per la pronuncia di divorzio – così come per quella di separazione personale dei coniugi – e competenza del giudice estero del luogo in cui i figli minori risiedono abitualmente per le decisioni attinenti alla responsabilità genitoriale (quali, per esempio, l’affidamento dei figli ed il diritto di visita) ed al mantenimento economico, sebbene queste ultime vengano proposte congiuntamente alla domanda di divorzio.

Pertanto, qualora i minori non risiedano abitualmente nello Stato membro in cui si svolge il procedimento di divorzio, la giurisdizione sulla seconda tipologia di domande sopra indicate spetta all’autorità giudiziaria dello stato di residenza abituale dei figli, dovendosi – precisa la Cassazione – “salvaguardare l’interesse superiore e preminente dei medesimi a fare in modo che i provvedimenti che li riguardino siano adottati dal giudice più vicino al luogo della loro residenza effettiva”.  

Si pone, a questo punto, un interrogativo: quali sono i criteri per stabilire la residenza abituale del minore?

Sia la giurisprudenza nazionale che quella delle corti europee ritengono che non è rilevante la residenza anagrafica, bensì la durevole e stabile permanenza, continuativa e non interrotta, del minore nel territorio di uno degli stati membri dell’Unione e che, proprio in quello stato, vi sia il centro dei legami affettivi del medesimo.

Al fine di individuare la residenza abituale, rilevano tutta una serie di circostanze, non tassative, da valutarsi caso per caso. Solo per indicarne alcuni:

  • l’integrazione del minore in un determinato contesto sociale e familiare;
  • la durata della permanenza del minore nel territorio di uno stato membro;
  • la stabile frequenza del minore ad un istituto scolastico;
  • l’inclusione del minore nel sistema sanitario pediatrico di un determinato stato.

Non è necessaria la compresenza di tutti i predetti criteri per determinare la competenza territoriale ma è sufficiente la sussistenza anche di uno solo di questi. Infatti, come detto, ciò che conta è una valutazione generale ed approfondita del singolo caso concreto.