È sicuramente una pronuncia destinata ad impattare in modo sostanziale quella resa dalla Corte di Giustizia UE lo scorso 14 maggio (sentenza C-55) in materia di orario di lavoro.

I giudici europei hanno, infatti, stabilito che gli Stati membri devono imporre ai datori di lavoro l’obbligo di predisporre un sistema oggettivo, affidabile e accessibile, che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore.

Se è vero che in determinati settori (si pensi ai trasporti) tale obbligo è già esistente e se è vero che tante imprese già adottano strumenti di rilevazione dell’orario di lavoro, è innegabile, però, che vi sono realtà in cui – vuoi per dimensioni o caratteristiche dell’attività o, semplicemente, per una questione di costi – tale misurazione non avviene.

Bene: la Corte di Giustizia è giunta alla conclusione che, per assicurare l’effetto utile della normativa europea di garantire la migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, salvaguardando la fruizione dei periodi di riposo, giornalieri e settimanali, nel rispetto del limite dell’orario di lavoro settimanale, è imprescindibile che vi sia un sistema di rilevazione efficiente dell’orario di lavoro.

Secondo la Corte di Giustizia, tale sistema consente al dipendente di avere effettiva contezza e conoscenza della quantità della prestazione resa e, conseguentemente, un corretto esercizio dei propri diritti.

Diviene ora compito di ciascuno Stato membro stabilire le concrete modalità con cui attuare il sistema tracciato dal giudice europeo.

Nell’attesa di conoscere quale sarà la risposta del legislatore italiano, è, comunque, opportuno che fin da ora le imprese prendano coscienza del tema in esame, dotandosi di un sistema di rilevazione e, laddove ne siano già fornite, verificandone la rispondenza ai precetti delineati dalla Corte di Giustizia Europea.

Sul punto è importante ricordare che l’installazione di sistemi di registrazione degli accessi e delle presenze non è soggetta alla procedura in materia di controlli a distanza: ciò non toglie che, affinché le informazioni raccolte tramite detti sistemi siano utilizzabili per qualsivoglia fine connesso al rapporto di lavoro, è necessario che al lavoratore sia stata data adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti in questione e che, in ogni caso, sia rispettata la normativa privacy.