Con la sentenza n. 18611 del 22/09/2015 la terza Sezione della Corte di Cassazione è tornata a fornire chiarimenti in merito alla corretta interpretazione da attribuire ai principi stabiliti dalle note sentenze delle Sezioni Unite di San Martino del 2008 (nn. 26972-26978/2008).

Il caso specifico riguarda un giovane, poco più che trentenne, che ha riportato, in occasione di un sinistro stradale, lesioni gravissime con conseguente perdita della capacità lavorativa.

Gli ermellini hanno evidenziato come i Giudici di merito, dopo aver reso un omaggio formale ai dicta delle Sezioni Unite del 2008, siano comunque pervenuti ad una liquidazione incongrua e iniqua del danno non patrimoniale nelle sue componenti esistenziali rilevanti e morali di sofferenza e dolore.

La Corte ha ribadito che danno esistenziale e danno morale devono essere valutati autonomamente rispetto al danno biologico, sottolineando l’incogruità della mera valutazione tabellare che appesantisce il punto di base ma non procede alla considerazione della perdita delle qualità della vita del macroleso.

La Corte afferma che risarcire il danno esistenziale – tenendo conto degli aspetti dinamico-relazionali del pregiudizio – non significa operare una duplicazione di voci di danno, ma riconoscere il diritto del macroleso ad un equo ristoro per la perdita della sua dignità di persona e diritto alla vita attiva.

Dementia

Quanto alla mancata liquidazione del danno morale da parte dei Giudici di merito, la Corte sottolinea come debbano meritare maggior considerazione le componenti fisiche, psichiche e spirituali del dolore umano rispetto al calcolo tabellare dove la personalizzazione è pro quota, mentre deve essere ad personam.

Corollario dei principi espressi – come già ribadito sempre dalla terza sezione nel corso del corrente anno con le sentenze n. 9320/2015 e n. 12594/2015 (la prima soffermandosi sulla nozione di unitarietà del danno non patrimoniale, la seconda sul principio di integralità del risarcimento) – è che danno biologico (ovvero la lesione al bene salute), danno morale (la sofferenza interiore/soggettiva) e danno esistenziale (la lesione degli aspetti dinamico-relazionali) devono essere valutati caso per caso, avuto riguardo della fattispecie concreta.

Il Giudice deve, quindi, accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio, a prescindere dalla sua qualificazione, individuando – ai fini dell’integrale riparazione del dannotutte le ripercussioni negative sulla persona del danneggiato.

Occorrerà, pertanto, tenere conto non solo del danno biologico, ma anche – citando le espressioni tanto efficaci della Suprema Corte –

  • di eventuali lesioni al diritto ad una vita attiva,
  • del valore del dolore umano, da liquidarsi oltre i limiti ed i criteri indicati nelle tabelle milanesi.