A seguito delle numerose richieste pervenute, affrontiamo il tema, spesso poco conosciuto, dell’equa riparazione che può essere richiesta in caso di danni – patrimoniali e non patrimoniali – subiti a causa dell’eccessiva durata di una procedura fallimentare.

Lo strumento è quello previsto, in generale per varie tipologie di processi ed esperibile a determinate condizioni, dalla Legge 24 marzo 2001 n. 89, meglio conosciuta come “Legge Pinto”, che recepisce il principio sancito dall’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (CEDU), secondo cui “ogni persona ha il diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge”.

Sulla base di tale principio, il nostro ordinamento consente ai soggetti che siano danneggiati a causa dell’irragionevole durata del processo di chiedere, appunto, un’equa riparazione.

Con riferimento alle procedure fallimentari – sulle quali qui ci soffermiamo – l’art 2, comma 2 bis della Legge Pinto, a seguito delle modifiche normative intervenute nel 2012, stabilisce che il termine “ragionevole” di durata si considera rispettato se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni.

Secondo la più recente giurisprudenza (tra le altre, Cass. Civ. 27 agosto 2018, n. 21200), per i creditori tale termine decorre dalla data di ammissione al passivo.

Ciò significa che se il fallimento ha una durata superiore ai sei anni, causando danni patrimoniali e/o non patrimoniali alle parti, si può chiedere un’equa riparazione presentando ricorso al Presidente della Corte d’Appello territorialmente competente, che provvede sulla domanda entro trenta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso deve essere depositato entro sei mesi dalla conclusione definitiva del procedimento che, nel caso del fallimento, coincide con il passaggio in giudicato del relativo decreto di chiusura.

Una volta accertata l’irragionevole durata della procedura, tenuto conto, tra l’altro, della complessità del caso e del numero dei creditori, la misura dell’indennizzo varia tra euro 400,00 ed euro 800,00 per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi di durata.

Diventa, quindi, utile monitorare le tempistiche delle procedure fallimentari e valutarne gli esiti e gli effetti sui danni subiti al fine di attivarsi tempestivamente con la proposizione del ricorso.