La Legge di Stabilità 2019 (L. 145/2018) ha introdotto poche ma significative deroghe all’applicazione della nuova disciplina dei contratti a termine, ampliando la platea dei soggetti che possono stipulare contratti a tempo determinato senza sottostare alle regole previste dal Decreto Dignità (D.L. 87/2018 – L. 96/2018).

A decorrere dal 01.01.2019, oltre ai contratti sottoscritti dalle pubbliche amministrazioni, i contratti a tempo determinato stipulati:

dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione, enti privati di ricerca

con (“e”)

lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa

sono sottoposti a regole diverse.

E’ innanzitutto di fondamentale importanza la qualificazione giuridica del datore di lavoro, che deve necessariamente rientrare in una delle categorie sopra indicate e solo in queste, non essendo sufficiente lo svolgimento della sola attività in un contesto più ampio; l’utilizzo della congiunzione “e” indica che il contratto deve essere sottoscritto solo e soltanto per lo svolgimento di una o più delle mansioni espressamente elencate.

Qualora sussistano entrambi i requisiti, continuano ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 81/2015, anteriori alla data di entrata in vigore del Decreto Dignità, certamente meno rigide; quindi:

  • durata massima del contratto di 36 mesi, anziché di 24, fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva applicata;
  • numero massimo di proroghe pari a 5, anziché a 4;
  • nessun obbligo di causale: non sarà necessario indicare le esigenze previste dall’articolo 19, comma 1, del D.Lgs. 81/2015 come riformato dal Decreto Dignità.

Ai fini del calcolo dei 36 mesi occorrerà tenere conto dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e il medesimo lavoratore, anche a seguito di proroghe o di rinnovi, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro; inoltre, andranno computati anche i periodi di somministrazione di lavoro, sempre a condizione che il lavoratore sia adibito a mansioni di pari livello e categoria.

L’attenzione all’esatta valutazione dei presupposti per la deroga è fondamentale: come noto, l’insussistenza con conseguente violazione delle disposizioni comporta: (i) la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, (ii) la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, nella misura compresa tra 2,5 e 12 mensilità e (iii) l’aumento del termine per l’impugnazione del contratto a 180 giorni (anziché i precedenti 120).