Interessante pronuncia quella pubblicata dalla Cassazione lo scorso 31 ottobre.

La vicenda ha riguardato un dipendente che aveva utilizzato permessi sindacali per tre giorni per finalità rivelatesi poi diverse.

L’azienda ha licenziato il lavoratore e questi ha impugnato il provvedimento.

Il CCNL non tipizzava la condotta del lavoratore (indebito utilizzo dei permessi sindacali per assentarsi dal lavoro), ma prevedeva la sospensione (e non il licenziamento) per l’assenza ingiustificata per il numero giorni di assenza in questione.

I giudici di merito avevano dichiarato l’illegittimità del licenziamento in quanto sproporzionato sul presupposto che la condotta del lavoratore era assimilabile all’assenza ingiustificata punibile, ai sensi del CCNL, con la sospensione: pertanto, disponevano la reintegrazione del lavoratore.

Ricordiamo che l’art.18, comma 4 L. n. 300/70 prevede la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato se il fatto contestato rientra tra le condotte che il CCNL punisce con una sanzione conservativa (quale, appunto, la sospensione).

Con la sentenza n.28098 la Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento, attribuendo però al lavoratore la tutela indennitaria e non quella reintegratoria.

La Suprema Corte ha, infatti, stabilito che il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto alla reintegrazione se la condotta contestata è effettivamente quella tipizzata dal CCNL e se la stessa è punita con una sanzione conservativa.

Secondo la Cassazione il riferimento ad una fattispecie analoga (nella vicenda, l’assenza ingiustificata)  è utilizzabile esclusivamente per la valutazione della proporzionalità del provvedimento.

Tale assimilazione/analogia non rileva, però, per l’applicazione della tutela reintegratoria di cui all’art.18, comma 4 L. n.300/70.