In un precedente articolo al quale rimandiamo, abbiamo definito le start up innovative, introdotte nel nostro ordinamento dal Decreto Legge 179/2012, noto anche come “Decreto Crescita 2.0” recante Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” e convertito nella Legge 18 dicembre 2012 n. 221.

Lungi dall’essere statica, tale normativa è stata interessata da diversi interventi di potenziamento: provvedimenti quali il Decreto Legge 28 giugno 2013 n. 76, noto come “Decreto Lavoro”, il Decreto Legge 24 gennaio 2015 n. 3, noto come “Investment Compact” e la Legge 22 dicembre 2016 n. 232 meglio nota come “Legge di Bilancio 2017” hanno ampliato l’offerta di strumenti agevolativi previsti dal “Decreto Crescita 2. 0”. Ulteriori norme, contenute nel Piano Nazionale Industria 4.0, hanno ulteriormente arricchito le misure dedicate all’innovazione.

Va infatti evidenziato che tutta la legislazione sopracitata si riferisce specificatamente alle start up INNOVATIVE: non, quindi, a qualsiasi impresa di nuova costituzione ma soltanto a quelle che operano nel campo dell’innovazione tecnologica. 

Fermi infatti i requisiti per cui la start up deve:

i) essere di nuova costituzione o comunque essere stata costituite da meno di cinque anni;

ii) avere sede principale in Italia o in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, purchè abbia una sede produttiva o una filiale in Italia;

iii) presentare un valore annuo della produzione inferiore a 5 milioni di Euro;

iv) non distribuire o non aver distribuito utili;

v) avere come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;

vi) non essere costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione d’azienda o di ramo d’azienda;

il suo contenuto innovativo è identificato con il possesso di almeno uno dei tre seguenti criteri:

  • una quota pari al 15% del valore maggiore tra fatturato e costi annui ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo;
  • la forza lavoro complessiva è costituita almeno per 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;
  • l’essere titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato o titolare di un programma per elaboratore originario registrato. 

Concentrando la nostra attenzione sull’ultimo dei tre criteri, rileviamo che, molto opportunamente, il legislatore ha, modificando la previsione originaria, affiancato alla titolarità di un brevetto registrato anche quella di un programma per elaboratore registrato: intervento quanto mai necessario posto che molte delle start up innovative concentrano la loro attività sullo sviluppo di software, la brevettabilità di quest’ultimo è assai complessa e la tutela del medesimo può aversi anche con il diritto di autore attraverso la registrazione del programma alla SIAE.

Sfatando il mito duro a morire per cui il software non sarebbe in sé brevettabile, gli startuppers che sviluppano un programma per elaboratore devono, innanzitutto, sapere che la Convenzione sul Brevetto Europeo (art. 52) così come il Codice della Proprietà intellettuale italiano escludono la brevettabilità del software solo se considerato in quanto tale,as such”, ma non in modo assoluto.

Quindi un software può essere brevettato?

Sì purchè presenti un “further tecnical effect”, ossia un effetto tecnico aggiuntivo rispetto a quello di essere eseguito su un computer comandando un hardware. Tale effetto tecnico ulteriore può ravvisarsi sia in un software puro che in un software per sistemi di controllo di apparecchiature o processi.

Per fare un esempio, potrebbe essere brevettabile un programma che controlla e gestisce l’altoforno di un impianto industriale mentre non è brevettabile un gestionale che si limiti a produrre elaborazioni di dati senza offrire un effetto tecnico ulteriore.

Certo è indispensabile essere assistiti, per le valutazioni del caso, da un patent office che curerà altresì il deposito del brevetto presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi o in sede comunitaria.

E quando il software non possiede i requisiti di brevettabilità o non è ritenuto conveniente brevettarlo? In tal caso si può ricorrere alla protezione del diritto di autore.

L’art. 2 della Legge sul Diritto di Autore include fra le opere protette i programmi per elaboratore in qualsiasi forma espressi purchè originali quale risultato della creazione intellettuale dell’autore”, tutelando altresì il materiale preparatorio per la progettazione del programma.

Il diritto di autore protegge quindi il programma considerandolo come un testo letterario cosicchè viene tutelato il codice sorgente nel linguaggio in cui è scritto ed altresì il codice oggetto, vale a dire la “traduzione” del linguaggio del programma in linguaggio macchina o in bit. 

Considerato che il brevetto non tutela il programma come opera letteraria e, quindi, per “come è scritto” ma come metodo e, dunque, protegge la sequenza logica delle fasi, comunque siano espresse, anche in forma di algoritmo, certamente la protezione offerta dal diritto di autore è inferiore a quella offerta dal brevetto ma si tratta, comunque, di una buona protezione.

La registrazione del programma quale opera letteraria al Pubblico Registro per il Software presso la S.I.A.E., Società Italiana Autori ed Editori certifica infatti l’esistenza del programma, la sua pubblicazione ed individua, fino a prova contraria, gli autori del software nonché la data di registrazione, attestando, così, l’esistenza del programma in quel momento.

I programmi che possono essere registrati sono sia quelli inediti che quelli pubblicati, dotati di originalità e creatività rispetto a quelli preesistenti in modo da poter essere qualificati opere dell’ingegno.

A livello operativo, chi richiede la registrazione del programma deve trasmettere alla SIAE la modulistica da quest’ultima indicata, una descrizione del programma e depositare un esemplare su supporto digitale non riscrivibile in custodia rigida.

La SIAE, verificata la regolarità della documentazione, inserisce il programma nel Registro e rilascia l’attestazione di registrazione.

Per concludere va senz’altro citata la precisazione del Ministero dello Sviluppo Economico resa con parere del 29 ottobre 2015, recante Start up innovative e PMI innovative. Diritti di privativa industriale relativa a programmi software”, con riguardo al requisito della titolarità di un programma per elaboratore registrato.

Il legislatore ha infatti precisato che la parola titolare deve intendersi riferita non solo o non necessariamente all’autore del software ma a chiunque – sia persona fisica che giuridica – disponga dei diritti di sfruttamento economico sul programma.

 

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