Con una decisione recentemente pubblicata (n. 23 del 12 novembre 2015) la Corte di Cassazione ha ritenuto che nell’ambito del procedimento disciplinare, alla decorrenza del termine assegnato al lavoratore per la presentazione delle giustificazioni, normalmente di 5 giorni (ma, in taluni contratti collettivi, aumentato) non impedisce al lavoratore stesso di presentarle anche dopo la decorrenza.

Sostanzialmente, secondo la Corte, non si tratta di un termine stabilito a pena di decadenza, un termine cioè che una volta passato impedisce il successivo esercizio del diritto.

Il lavoratore, quindi, può giustificarsi anche dopo che i 5 giorni (o quelli previsti dal CCNL di riferimento) siano decorsi: quello che più conta, tuttavia, è che il datore di lavoro è obbligato a tener conto ed a valutare, ed esplicando tale valutazione nel provvedimento disciplinare, anche le giustificazioni pervenute dopo la decorrenza del termine.

Quindi, se il datore di lavoro non riceve le giustificazioni ed adotta subito il provvedimento disciplinare questo è formalmente legittimo; se riceve le giustificazioni oltre il termine fissato per le giustificazioni ma prima dell’adozione del provvedimento disciplinare ne deve tenere comunque conto e rispondere puntualmente; se non ne tiene conto solo per tale omissione il provvedimento disciplinare è illegittimo.

Tale soluzione vale anche nel momento in cui, decorso il termine ma prima dell’adozione del provvedimento, il lavoratore abbia chiesto di essere sentito personalmente a difesa: anche in tal caso l’audizione sarà obbligatoria.

La questione non è di poco rilievo, dovendo coordinare tale interpretazione con le previsioni di alcuni CCNL che prevedono a carico del datore di lavoro termini brevi (e stavolta si, invece, a pena di decadenza) che decorrono proprio dalla scadenza del termine fissato al lavoratore per presentare le giustificazioni: occorrerà, quindi, di seguire con attenzione e speditezza il procedimento disciplinare.

 

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