Il concordato preventivo è una procedura concorsuale, regolata dalla Legge Fallimentare (ossia dal Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942 e successive modificazioni), alla quale può ricorrere un debitore che si trovi in uno stato di crisi o di insolvenza, per tentare il risanamento dell’impresa evitando così il fallimento.

Con questo scritto si offre una breve panoramica dell’istituto del concordato preventivo alla luce anche dei recenti interventi legislativi.

PRESUPPOSTI

Innanzitutto, va premesso che il debitore può chiedere di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo se ricorrono tre condizioni:

  • deve esercitare un’attività commerciale;
  • deve trovarsi in uno stato di crisi o di insolvenza;
  • deve superare almeno una delle soglie di fallibilità.

L’art. 1 della Legge Fallimentare stabilisce che sono soggetti alle disposizioni sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.

Alla procedura di concordato preventivo possono quindi accedere:

i) l’imprenditore persona fisica che esercita attività commerciale;

ii) le società commerciali, sia di capitali che di persone;

iii) l’impresa commerciale irregolare e di fatto;

iv) le associazioni che esercitano un’attività commerciale;

v) i gruppi di società.

Secondo presupposto è l’esistenza di uno stato di crisi, inteso come situazione di difficoltà economica o finanziaria comprensiva anche dell’insolvenza.

Il concordato preventivo

I concetti di stato di crisi e di stato di insolvenza si pongono fra loro in rapporto di genere a specie, rientrando nel primo sia l’insolvenza vera e propria (intesa come manifesta incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni) sia situazioni ad essa prodromiche o finitime, destinate a distinguersi sul piano di un loro possibile superamento, sia pure attraverso provvedimenti straordinari di riorganizzazione e ristrutturazione del debito.

Terzo e ultimo presupposto è che il debitore abbia superato, in almeno uno tre esercizi antecedenti la data di deposito del ricorso, almeno uno dei seguenti requisiti:

  • avere avuto un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo superiore ad € 300.000,00;
  • avere realizzato ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo superiore ad € 200.000,00;
  • avere un ammontare di debiti, anche non scaduti, superiore ad € 500.000,00.

LA DOMANDA DI CONCORDATO PREVENTIVO

Il debitore che vuole accedere alla procedura di concordato preventivo deve presentare la domanda al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale.

La domanda si propone con ricorso al quale devono essere allegati i seguenti documenti (art. 161 Legge Fallimentare):

  • una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
  • uno stato analitico ed estimativo delle attività;
  • l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
  • l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore;
  • il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
  • un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, la quale deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore;
  • la relazione di un professionista indipendente, designato dal debitore, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario.

Il contenuto del piano è lasciato alla libera determinazione del debitore.

La legge, infatti, indica e disciplina solo alcuni possibili contenuti del piano quali:

i) la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore;

ii) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione a società da questi partecipate di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;

iii) la suddivisione dei creditori in classi;

iv) la gestione dell’impresa da parte di un assuntore.

Dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologa diventa definitivo, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.

Ricevuta la domanda di concordato e tutta la documentazione allegata, il tribunale la esamina verificando la sussistenza dei presupposti per accedere alla procedura e la correttezza della documentazione predisposta, senza entrare nel merito della proposta.

Se tutte le verifiche danno esito positivo, il tribunale dichiara aperta la procedura di concordato preventivo e si apre così la fase in cui i creditori devono votare se accettare o meno la proposta concordataria.

Secondo la regola generale, il concordato preventivo è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto; ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica anche nel maggior numero delle classi.

Una volta approvato il concordato, il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa l’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale.

Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata.

In mancanza di opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa con decreto motivato il concordato preventivo.

Per effetto di tale decreto si chiude la procedura di concordato preventivo e si apre la fase dell’esecuzione, nel corso della quale il debitore è tenuto a eseguire tutti i pagamenti e le altre misure indicate nel piano, secondo le modalità e le regole ivi previste.

Il concordato preventivo

CONCORDATO PREVENTIVO CON RISERVA

L’art. 161, comma VI, Legge Fallimentare consente al debitore di ottenere l’anticipazione della protezione del proprio patrimonio (costituita essenzialmente dal blocco delle azioni esecutive e cautelari) depositando semplicemente un ricorso, con il quale chiede al tribunale di accedere alla procedura di concordato preventivo, corredato da una serie limitata di documenti, riservandosi di presentare il piano e la proposta concordataria.

In particolare, il debitore deve allegare al ricorso i seguenti documenti:

  • i bilanci degli ultimi tre esercizi;
  • l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti;
  • una visura camerale aggiornata;
  • il verbale della delibera dell’organo societario che decide di presentare la domanda redatto con l’intervento di un notaio.

Ricevuta la domanda di concordato preventivo con riserva, il tribunale decide se accoglierla o meno verificando, in particolare, che il debitore:

i) possieda i requisiti per accedere alla procedura;

ii) abbia depositato la documentazione richiesta dall’art. 161, comma VI, Legge Fallimentare;

iii) non abbia già presentato, nei due anni precedenti, analoga domanda alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

Se il tribunale ritiene ammissibile la domanda dispone, con decreto, l’apertura del concordato con riserva indicando al debitore un termine (non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centoventi giorni) per il deposito del piano, della proposta e della documentazione richiesta.

Il termine può essere prorogato per giustificati motivi solo una volta e per non più di sessanta giorni.

Se il debitore ha presentato domanda di concordato preventivo con riserva in pendenza di una procedura pre-fallimentare il tribunale deve concedere un termine di sessanta giorni, prorogabile per giustificati motivi di non oltre sessanta giorni.

Con il decreto che dichiara l’apertura del concordato con riserva, il tribunale deve disporre anche gli obblighi informativi periodici, relativi anche alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione del piano e della proposta, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale (se nominato), sino alla scadenza del termine fissato.

Inoltre, il debitore deve depositare, con periodicità mensile, una situazione finanziaria dell’impresa che deve essere pubblicata entro il giorno successivo nel registro delle imprese.

In caso di mancato rispetto degli obblighi informativi, il tribunale dichiara inammissibile la domanda e, se sussistono i presupposti e vi è l’istanza di un creditore o la richiesta del PM, dichiara il fallimento del debitore.

Dal momento del deposito del ricorso e fino al decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, il debitore può compiere autonomamente solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre gli atti urgenti di straordinaria amministrazione possono essere compiuti solo previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato.

Una volta depositati il piano e la proposta concordataria nel termine indicato, il tribunale provvede alla loro disamina decidendo se aprire la procedura o dichiarare inammissibile la proposta.

Nel caso in cui il debitore venga ammesso alla procedura, si applica la disciplina prevista per il concordato preventivo c.d. ordinario.

Qualora, invece, alla scadenza del termine non vengano depositati il piano e la proposta concordataria, il tribunale, sentito il debitore in camera di consiglio, dichiara con decreto inammissibile la proposta, e, in presenza dell’istanza di un creditore o della richiesta del PM, dichiara il fallimento.

Il concordato preventivo

CONCORDATO CON CONTINUITA’ AZIENDALE

L’art. 186-bis Legge Fallimentare consente al debitore di presentare un piano concordatario che prevede la prosecuzione dell’attività dell’impresa.

Si applica la disciplina del concordato con continuità aziendale quando il debitore presenta un piano che prevede una delle seguenti attività:

  • la prosecuzione dell’attività di impresa;
  • la cessione dell’azienda in esercizio;
  • il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

In tal caso, il piano deve contenere anche un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesti dalla prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano concordatario, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura.

Il debitore che presenta domanda di ammissione a un concordato con continuità aziendale può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazione di beni o servizi.

Per fare ciò, il debitore deve incaricare il professionista che redige la relazione sulla veridicità e attendibilità del piano affinché nella sua relazione inserisca un’attestazione che le prestazioni per cui richiede di eseguire i pagamenti sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.

Inoltre, se alla data di deposito del ricorso vi sono dei contratti in corso di esecuzione, la legge prevede che essi proseguono per effetto dell’apertura della procedura (art. 186-bis, comma III, Legge Fallimentare).

E’ tuttavia consentito al debitore di chiedere al tribunale l’autorizzazione al loro scioglimento oppure la sospensione per un periodo non superiore ai sessanta giorni.

Infine, se nel corso della procedura l’esercizio dell’attività di impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale può revocare il concordato e, su richiesta di un creditore o su istanza del PM, può dichiarare il fallimento. E’ comunque salva la facoltà per il debitore di modificare la proposta (art. 186-bis, ultimo comma, Legge Fallimentare).

Il concordato preventivo

GLI ULTIMI INTERVENTI LEGISLATIVI

Il 20 agosto 2015 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo del decreto legge n. 83/2015 (coordinato con legge di conversione del 6 agosto n. 132), che ha apportato importanti novità in materia di concordato preventivo.

Le principali novità riguardano:

  • la percentuale minima di pagamento (pari al 20%) da assicurare ai creditori chirografari in caso di concordato liquidatorio (art. 160, comma IV, L.F.);
  • la possibilità per i creditori che rappresentano almeno il 10% dei crediti di presentare una proposta di concordato preventivo concorrente rispetto a quella del debitore (art. 163, comma IV, L.F.);
  • la facoltà per i terzi di formulare offerte concorrenti per l’acquisto dell’azienda, di uno o più rami della stessa o di specifici beni di proprietà del debitore (art.. 163-bis, L.F.);
  • l’eliminazione del silenzio-assenso in sede di votazione della proposta concordataria;
  • la possibilità per il debitore anche in caso di concordato con riserva di ottenere dal tribunale, in via d’urgenza e senza l’attestazione di un professionista, l’autorizzazione a contrattare finanziamenti interinali prededucibili funzionali a urgenti necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale (art. 182-quinquies, comma III, L.F.).

L’intento del Legislatore è quello di ridurre sensibilmente i concordati preventivi di tipo liquidatorio favorendo invece quelli che, attraverso la conservazione dell’azienda e il mantenimento dei livelli occupazionali, garantiscano la continuità aziendale.

In caso, infatti, di concordato con continuità aziendale il debitore non è tenuto ad assicurare alcuna percentuale minima di pagamento dei creditori chirografari il cui soddisfacimento potrà avvenire anche attraverso forme diverse dalla corresponsione di un importo in denaro.

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