Il tema della prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro, troppo spesso oggetto anche di cronaca, ha suscitato alcuni dubbi interpretativi in caso di prestazioni rese in forza di un contratto d’appalto.

In tali casi chi è chiamato a rispondere dell’eventuale infortunio? Il committente o l’appaltatore?

Con la recente ordinanza n. 375 del 10.01.2023 la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sul punto.

A parere della Suprema Corte, sicuramente sussiste la responsabilità dell’appaltatore a cui però si aggiunge anche quella solidale del committente, fatto salvo il caso in cui l’infortunio derivi da rischi specifici dell’attività propria dell’appaltatore.

Richiamando altre pronunce sul tema, la Corte ha ribadito che la responsabilità del committente trova il proprio fondamento sia nella scelta dell’impresa che nell’omesso controllo circa l’adozione da parte di questa delle misure generali di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, soprattutto nei casi in cui la mancata assunzione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza il bisogno di eseguire particolari indagini e approfondimenti.

Il principio opera anche nel caso di subappalto.

La Corte di Cassazione ha anche aggiunto che qualora i lavori appaltati vengano eseguiti presso il committente, quest’ultimo è tenuto a rispondere del principio generale del neminem laedere di cui all’art. 2087 c.c., che gli impone di adottare tutte le misure necessarie per tutelare la salute e l’integrità non solo dei propri dipendenti ma anche di quelli dell’appaltatore. 

Si tratta di responsabilità ed adempimenti certamente molto onerosi per il committente.

Il primo fondamentale passo è quindi stipulare un contratto di appalto adeguato alle esigenze, che preveda specifici obblighi circa l’adozione delle misure in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché adeguate tutele in caso di inadempimento.

Nel contratto bisognerà altresì prestare attenzione a bilanciare adeguatamente la necessità del committente di verificare la correttezza dell’operato dell’appaltatore rispetto all’autonomia organizzativa di quest’ultimo: ciò al fine di evitare possibili contestazioni in relazione alla genuinità dell’appalto.