Nella precedente pubblicazione abbiamo affrontato il tema del licenziamento disciplinare, del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e la tutela in caso di vizi formali e/o procedurali.

Esaminiamo ora le ulteriori novità introdotte dal D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 in tema di recesso datoriale dal rapporto di lavoro.

Licenziamento

IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO, NULLO O INTIMATO ORALMENTE

Si tratta dei casi in cui il licenziamento è stato disposto:

a) per un motivo diretto alla discriminazione politica, sindacale, religiosa, razziale, di lingua, di sesso, di handicap, di età, basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali. La definizione di licenziamento discriminatorio si ricava dal rinvio espresso all’art. 15 dello Statuto dei Lavoratori;

b) negli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge (ad esempio: licenziamento in concomitanza di matrimonio o in occasione della gravidanza);

c) oralmente.

In tali ipotesi, il legislatore ha mantenuto la tutela reintegratoria quale eccezione alla disciplina generale (in base alla quale invece, come scritto nella precedente pubblicazione, deve essere corrisposta solamente un’indennità parametrata all’anzianità di servizio).

Ciò significa che, qualora venga accertata l’illegittimità del licenziamento per uno dei motivi sopra elencati, il giudice dichiara la nullità del recesso e condanna il datore di lavoro:

a) alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,

b) al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative; l’indennità comunque non può essere inferiore a 5 mensilità;

c) al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

Resta salva la possibilità per il lavoratore di chiedere l’indennità sostitutiva alla reintegrazione pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, non assoggettata a contribuzione previdenziale.

La medesima tutela reintegratoria è riservata alle ipotesi di licenziamento motivato dalla disabilità fisica o psichica del lavoratore: viene così modificato il regime di tutela rispetto all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, che in tale situazione prevede la sanzione della reintegrazione però con il riconoscimento di un’indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità.

Di particolare interesse è il fatto che la disciplina in questione si applica a tutte le imprese a prescindere dalla loro dimensione.

Da osservare, inoltre, che la nuova disciplina non individua tra le cause di illegittimità del recesso il motivo illecito determinante, menzionato invece nel vecchio art. 18, comma 1 dello Statuto dei Lavoratori.

Allo stesso modo la nuova disposizione nulla dispone in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto o determinato dalla sopravvenuta inidoneità fisica o psichica in realtà non sussistente.
Occorrerà pertanto attendere le prime pronunce giurisprudenziali per verificare se i licenziamenti verranno qualificati come nulli e quindi sanzionati con la tutela reintegratoria oppure se saranno considerati meramente inefficaci e quindi sanzionati con la tutela indennitaria.
Si può, tuttavia, ipotizzare che il motivo illecito determinante verrà ricondotto ai casi di nullità mentre alle altre ipotesi verrà applicata la tutela indennitaria.

il licenziamento

 LA REVOCA

Resta confermata la possibilità per il datore di lavoro di revocare il licenziamento, che sia stato impugnato, entro 15 giorni dal ricevimento dell’impugnazione stessa.
In caso di revoca il rapporto si intende automaticamente ripristinato senza interruzione ed il lavoratore ha diritto al pagamento della retribuzione maturata precedentemente alla revoca.

Posto che la legge nulla stabilisce circa la forma, si può definire la revoca un atto a forma libera. E’ tuttavia opportuno utilizzare la forma scritta soprattutto a fini probatori.
L’istituto delle revoca disciplinato all’art. 5 D.Lgs. n.23/2015 si applica a tutti i licenziamenti che, se dichiarati illegittimi, darebbero luogo all’applicazione dei regimi sanzionatori previsti dal decreto stesso.

Ciò comporta che la revoca diviene un istituto a carattere generale applicabile, quindi, anche nei confronti dei datori di lavoro non aventi le caratteristiche ed i requisiti dimensionali previsti dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Si ricorda che, al di là dell’ipotesi espressamente prevista dalla legge, il datore di lavoro può revocare il licenziamento in qualunque momento e in qualunque forma: in tale caso, però, la revoca produce effetti solo a seguito dell’accettazione da parte del lavoratore, espressa o per fatti concludenti.

L’OFFERTA DI CONCILIAZIONE

Novità particolarmente interessante è data dalla possibilità per il datore di lavoro di proporre al lavoratore una conciliazione, offrendogli entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento in una delle sedi cd. protette (Direzione Territoriale del Lavoro oppure in sede sindacale) un importo pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18, mediante la consegna di un assegno circolare.

Per le piccole imprese l’indennità è pari a mezza mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di 1 ed un massimo di 6 mensilità.

L’accettazione della proposta comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla sua impugnazione.
La somma corrisposta è esente da imposte e contributi; in fase di conciliazione è possibile definire ogni altra pendenza ma le ulteriori somme versate sono soggette al regime fiscale e contributivo ordinario.
L’accettazione della somma dà comunque diritto alla NASPI.

il licenziamentoL’ANZIANITA’ DI SERVIZIO

Gli anni di servizio costituiscono il parametro oggettivo in base al quale calcolare sia l’indennità da riconoscere al lavoratore sia l’offerta di conciliazione.
Per le frazioni di anno le somme devono essere riproporzionate, tenuto conto del fatto che le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni di calendario si computano come mese intero.

Con specifico riferimento agli appalti, la nuova disciplina prevede che, solo ai fini del computo dell’indennità o dell’offerta di conciliazione, l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.
Discusso è cosa debba intendersi per lavoratore che passa alle dipendenze.

In generale la dottrina sembra concorde nel ritenere che l’anzianità convenzionale speciale debba essere riconosciuta in qualsiasi caso di passaggio del personale derivante da un trasferimento d’azienda, da una cessione del contratto di lavoro, oppure da qualsiasi altra ipotesi di riassunzione da parte dell’appaltatore subentrante.

Da considerare, inoltre, che il lavoratore che passa ha diritto al conteggio della sola anzianità maturata nello svolgimento dell’attività appaltata, non potendosi computare i periodi spesi nel settore produttivo/merceologico di riferimento, né l’anzianità maturata complessivamente presso l’impresa uscente.

I LICENZIAMENTI COLLETTIVI

Il regime di tutele introdotto dal D.Lgs. n.23/2015 in esame è stato esteso anche ai licenziamenti determinati da ristrutturazioni aziendali che comportino una significativa riduzione di personale (almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni).
Secondo la nuova disciplina, in caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta, trovano applicazione le sanzioni previste per i casi di licenziamento discriminatorio, nullo e intimato oralmente (reintegrazione e tutela indennitaria).

Nell’ipotesi invece di violazione degli obblighi di informazione durante la procedura di consultazione sindacale o dei criteri di scelta (artt 4, comma 12 e 5, comma 1 L. 23.07.1991, n. 223) trovano applicazione le sanzioni stabilite per i casi di licenziamento ingiustificato (solo tutela indennitaria).

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